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La settima arte ai tempi della rivoluzione gotica

Congegni paradossali, macchine ingenuamente ingegnose, espressioni malinconiche di protagonisti tanto fantasiosi quanto drammaticamente umani, ambientazioni ultrakitsch… benvenuti nell’universo visionario di Tim Burton.

Timothy William Burton rappresenta una figura poliedrica di regista e sceneggiatore, ma ancor prima animatore e disegnatore.

Nato 57 anni fa in una serena ed ordinata cittadina della Contea di Los Angeles, non lontana da Hollywood, trascorre un’infanzia travagliata. È introverso, lunatico, intollerante verso l’autorità dei genitori. Ragazzo timido ed eccentrico, si ciba voracemente di cartoni animati e vecchi film dell’orrore, di cui ne assorbe inesorabilmente le atmosfere gotiche ed espressioniste. Manifesta ben presto una potente disposizione artistica, che esprime attraverso il disegno.

Il suo è un talento vero e sofferente, a 18 anni vince una borsa di studio messa in palio dalla Disney che gli permette di continuare a coltivare la sua passione al California Institute of the Arts di Valencia, per poi diventare alla fine degli anni ’70 un disegnatore ufficiale dei lungometraggi animati. Ma il suo spirito travagliato rifugge presto dalle atmosfere edulcorate, troppo infarcite del presuntuoso conformismo di “graziose bestioline ammiccanti”.

Esordisce coraggiosamente da regista con il cortometraggio “Vincent”, omaggio al suo mito e maestro Vincent Price . Della durata di soli 5 minuti, interamente in bianco e nero, viene realizzato con la suggestiva tecnica stop motion, consistente nel creare un fotogramma per volta, ottenuto fotografando i piccolissimi movimenti compiuti da modellini in modo da dare l'illusione del movimento. “Vagare vorrebbe in tenebra oscura, sfidando pericoli senza paura” recita la voce fuori campo sublimando le suggestioni dei racconti di Edgar Allan Poe, in una frase che esprime tutta la sofferta interiorità del giovane regista.

Burton esordisce nei lungometraggi con “Pee-wee's Big Adventure” (1985), commedia originale e divertente che segna l’inizio della fortunata collaborazione del regista con il musicista Danny Elfman, con il quale in futuro collaborerà in quasi tutte le sue pellicole, con le sue sonorità incantevoli e fantastiche, ottenute attraverso una peculiare e magistrale composizione orchestrale.

Raggiunge un’insperata notorietà con “Beetlejuice - Spiritello porcello” (1988), una stramba ma interessante commedia fantasy-horror della Warner. La pellicola si aggiudicò nel 1989 l'Oscar al miglior trucco e il personaggio gotico di Beetlejuice conquistò un notevole successo di pubblico e critica, dando vita anche a una serie televisiva animata.

Il giovane regista è pronto al grande salto nello star-system. La Warner gli affida nel 1989 un progetto ambizioso: la trasposizione cinematografica del fumetto Batman.

Il risultato è un grande successo, grazie all'appoggio artistico degli attori Michael Keaton, primo feticcio di Burton e dello straordinario Joker Jack Nicholson.

L’anno successivo Burton discosta la sua atipica figura di movie-maker dalla logica di botteghino delle major hollywoodiane, regalandoci il poetico, commovente “Edward mani di forbice”. L’esordiente outsider Johnny Depp, destinato a diventare il nuovo feticcio, interpreta una creatura grottesca a metà strada tra Pinocchio e mostro-di-Frankenstein, che vive la sua diversità con coraggiosa illusione, per scoprire l’impossibilità all’integrazione in un mondo di “normale” crudele umanità. Il film è una favola amara, che sparge i semi di quel mondo misto di tenerezza ed assurdità, che rappresenta il filo conduttore della poetica di Burton.

Il fertile sodalizio con Depp produrrà l’eccezionale thriller-horror “Il mistero di Sleepy Hollow” (1999) e la commedia musical-drammatica “Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street” (2007), affiancato dalla splendida e lugubre compagna di Burton, Helena Bonham Carter, in pellicole gotiche che mietono premi e nomination.

Particolare menzione merita “Big Fish - Le storie di una vita incredibile” del 2003, racconto della vita romanzesca di Ed Bloom (interpretato rispettivamente da Ewan McGregor nella versione giovanile e da Albert Finney nella fase senile, entrambi straordinari e credibili). Si tratta di una rivisitazione del novello Barone di Münchhausen, che appare agli occhi del figlio come una figura e patetica, incapace di affrontare la realtà e colpevole di esserle sempre sfuggito attraverso il ricorso ai racconti fiabeschi. Tuttavia si scopre nel commovente epilogo lo stupefacente intreccio di realtà e magia, visibile solo agli occhi di chi conserva nel candore infantile la capacità di vedere e saper ascoltare la ricchezza del mondo interiore.

  

La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità!

Cappellaio Matto (Johnny Depp), dal film "Alice in Wonderland" di Tim Burton

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