Salus Per Aquam o Morte per Acqua?
- Scritto da Daniele Nardiello
- Pubblicato in Attualità
Le aumentate esigenza della popolazione mondiale, l’inquinamento delle acque superficiali e profonde e soprattutto il notevole sviluppo industriale fanno avvertire, in modo violentemente attuale, il problema della carenza idrica.
L’acqua che gli esseri umani possono utilizzare direttamente non è quella marina, paradossalmente tanto abbondante da coprire il 70% del globo – appunto terracqueo, ma quella continentale distribuita nei laghi, nei fiumi, nelle falde acquifere e nei ghiacciai. Non si tratta, come è notorio, di acqua veramente pura ma di una soluzione diluitissima di Sali, perciò l’uso a cui può essere destinata dipende dalla sua composizione; pertanto siamo soliti distinguere fondamentalmente l’acqua, a seconda del suo utilizzo, in:
- uso potabile (e in misura non trascurabile: terapeutico)
- uso irriguo delle colture
- uso industriale
In molte zone della Terra oggi si comincia ad avvertire il pericolo dello squilibrio tra disponibilità e fabbisogno.
Il fabbisogno d’acqua è in relazione al tipo di attività prevalentemente svolta in un dato territorio; infatti in una società agricola il fabbisogno è di circa 1000 m3 annui pro capite ma sale all’astronomica cifra di 3000 m3 in una società fortemente industrializzata.
Tenendo conto della popolazione attuale del pianeta e del fabbisogno medio pro capite, è facile arrivare alla conclusione che la quantità d’acqua necessaria è inferiore a quella contenuta complessivamente nei laghi e nei fiumi della Terra. Tuttavia il problema idrico sussiste perché troppo spesso le riserve naturali d’acqua non sono ubicate laddove ne è richiesta l’utilizzazione.
In sostanza il problema è quello di ottenere acqua di buona qualità e in quantità corrispondente al fabbisogno laddove essa è necessaria. Un esempio chiarificatore? Talora in molte isole l’unica acqua disponibile è quella piovana che viene raccolta in cisterne; oggi però si cerca di utilizzare anche l’acqua del mare, sottoponendola ad adeguati (e costosi) processi di dissalazione che richiedono, al pari della distillazione, ingenti quantità di energia.
Ecco perché il problema idrico non è disgiunto da quello energetico.
Una possibile innovativa soluzione del problema potrebbe venire dall’utilizzo del calore proveniente dall’incenerimento dei rifiuti urbani. Negli Stati Uniti non mancano esempi di distillatori all’avanguardia che usano tale forma di energia, e sarebbe auspicabile che anche altri Paesi orientino in tale direzione i propri sforzi di ricerca e tecnologia.
Purtuttavia, il problema idrico è molto più complesso di quanto possa apparire in una prima approssimazione: innanzitutto si pone in maniera imperativa l’esigenza di un impiego più razionale dell’acqua industriale, che potrebbe essere riciclata o riutilizzata in altre modalità. Ad esempio nei Paesi industrializzati bagnati dal mare, dove è possibile l’insediamento dei complessi industriali in posizione compatibile con le esigenze ecologiche e paesaggistiche, si potrebbe utilizzare acqua marina anziché acqua dolce.
Per risolvere il problema idrico sono stati elaborati, recentemente, numerosi progetti: tra essi ricordiamo il trasporto di icebergs dalle zone polari a quelle aride, oppure l’ottenimento di pioggia artificiale, insufflando nelle nubi anidride carbonica o ioduro d’argento o altre sostanze che fungono da nuclei di condensazione.
Ci teniamo a sottolineare, però, che il problema idrico prima che essere di natura tecnica, è di ordine legislativo e politico. Occorre sostenere e promuovere un movimento internazionale per arrivare alla razionalizzazione dell’uso dell’acqua. Nelle politiche di ogni governo dovrebbero essere contemplate azioni tese ad assicurare sufficienti rifornimenti, non disgiunte dalla formulazione periodica di un piano generale che tenga conto dell’uso, della gestione e della conservazione dell’acqua.
L'acqua che tocchi de' fiumi è l'ultima di quelle che andò e la prima di quella che viene. Così il tempo presente. (Leonardo da Vinci)