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L'altruismo

Nel corso della sua evoluzione l'essere umano ha compreso presto che la sopravvivenza individuale, e di conseguenza della specie, era vincolata alla capacità di collaborare tra i membri del gruppo ed in parte alla suddivisione dei compiti. La collaborazione tra individui era finalizzata prevalentemente alla sopravvivenza ed al soddisfacimento di bisogni elementari quali cacciare, educare la prole, individuare o costruire ripari dagli elementi atmosferici. La tendenza a collaborare tra individui non è mai venuta meno e nel corso dei secoli si è anche evoluta verso azioni orientate al bene sociale quale fare la carità, elargire favori, aiutare altre persone nello svolgimento di lavori e via dicendo. L'opposto di un comportamento di questo tipo è l'azione antisociale, che corrisponde ad un comportamento aggressivo, distruttivo ed egoista. Alcuni studiosi fanno uso del termine comportamento prosociale per sottolineare il contrasto con l'espressione comportamento antisociale; altri invece preferiscono il termine altruismo per mettere in rilievo l'elemento di sacrificalità implicito a diverse iniziative a carattere sociale: l'azione altruistica è diretta a beneficio di altre persone senza che ci si aspetti un riconoscimento esterno. Indipendentemente dal termine che si preferisce, l'azione orientata al bene sociale è qualcosa di molto coinvolgente e considerato di elevato spessore morale. Anche l'altruismo contribuisce alla sopravvivenza della specie ma questo non esaurisce la curiosità di coloro che si domandano cosa induce una persona a rinunciare a dei beni propri od anche a mettere in discussione il proprio benessere fisico per le altre persone; la ricerca in Psicologia ha condotto svariate ricerche individuando innanzitutto come le azioni altruistiche risultano gratificanti per coloro che le compiono. Molte iniziative altruistiche solo apparentemente sono frutto dell'abnegazione e non sempre chi dà aiuto lo fa perchè pensa al benessere degli altri. La Psicologia suggerisce diverse spiegazioni, in sintesi possiamo individuare tre ragioni: biologiche, neurologie e psicologiche. La spiegazione biologica si riferisce, come già detto, alla preservazione della specie: potremmo essere più altruisti nei confronti dei nostri consanguinei poiché aumentano le probabilità di sopravvivenza dei nostri geni da trasmettere alle generazioni future. Secondo questa prospettiva perciò saremmo più propensi all’ altruismo nei confronti di parenti piuttosto che ad altre persone. La spiegazione neurologica sostiene che l’altruismo attiva i centri della ricompensa nel cervello; le ricerche in merito  hanno scoperto che quando si è impegnati in un atto altruistico i centri del piacere del cervello diventano attivi. La spiegazione psicologica sostiene che l’altruismo si aziona senza necessità che chi la emette si aspetti alcuna ricompensa ma si potrebbero nascondere degli incentivi cognitivi che non sono del tutto evidenti. Ad esempio, potremmo aiutare gli altri ad alleviare le loro sofferenze perché essere gentili con gli altri sorregge la visione che abbiamo di noi stessi; anche l'aspettativa di ricevere in cambio favori divini oppure guadagnarsi una vita extraterrena dopo la morte può essere alla base della motivazione del comportamento prosociale. Il sentirci empatici ci fa sentire bene e questo rappresenta un potente rinforzo all'emissione dei suddetti comportamenti; le ricerche suggeriscono inoltre che dalle proprie buone azioni gli individui sviluppano la capacità di compensare se stessi e le proprie carenze. Queste considerazioni ci suggeriscono che l'altruismo si sviluppa nel corso della nostra vita e sopratutto nell'età evolutiva: i bambini imparano che un'azione altruistica è una azione buona e che se si comportano in modo altruistico essi stessi sono buoni.  La ricerca in Psicologia evidenzia dunque come molti comportamenti prosociali sono dettati dalla ricerca di premi e rinforzi di vario genere: questo però non deve sminuire i comportamenti altruistici ma stimolarci ad impegnarci in tali comportamenti ed ad educare bambini, giovani ed adulti ad emetterli ed intensificarli.

Dr Michele Passarella

Ultima modifica ilLunedì, 08 Febbraio 2016 13:05
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