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Psicologia della menzogna

In evidenza Psicologia della menzogna

Secondo lo scrittore Mark Twain tutti mentono, ogni giorno ed ad ogni ora, da svegli o da addormentati, nella gioia e nel dolore ed a suo giudizio la menzogna è essenziale per la condizione umana. La menzogna è un filo conduttore che attraversa tutta la storia del genere umano; nella letteratura sono molti gli esempi di protagonisti che hanno usufruito della menzogna per trarne un vantaggio: l'esempio più celebre è quello di Ulisse che con un inganno trova il mezzo per mettere fine ad una guerra ormai decennale. Ovviamente questo è solo un esempio letterario ma menzogna ed inganno sono due dimensioni alquanto pervasive della nostra specie e non solo. Nell'infanzia dire bugie è molto frequente, soprattutto nell'età prescolare o nello stadio pre-operatorio di Piaget in cui il bambino scopre di poter alterare arbitrariamente la realtà o per lo meno non raccontarla per intero; diverse ipotesi sono state avanzate per spiegare questa condotta: alcune si rifanno all'idea del pensiero onnipotente dell'infanzia secondo la quale mentire consente di sperimentare una sensazione di potere alimentando il proprio tratto di personalità narcisistico. Altre ipotesi chiamano in causa il desiderio del bambino di emanciparsi dai genitori avendo propri pensieri da nascondere. Se si escludono condizioni patologiche quali la mitomania o la confabulazione, in linea di massima si mente per evitarsi un problema o per trarre un vantaggio. Agli occhi degli Psicologi appare però evidente che la menzogna non è una condotta appannaggio esclusivo della specie umana anche se è ancora aperto il dibattito sull'intenzionalità da parte di un animale di ingannare. Konrad Lorenz, pioniere dell'Etologia, descriveva il comportamento della sua cagnolina Stasi, la quale zoppicava quando il tragitto della loro passeggiata non le era gradito; lo studioso riteneva questo comportamento intenzionale e volto ad ingannare il suo padrone. A parte questo esempio forse un po romanzato, la capacità di simulare e mentire è una caratteristica essenziale di molte specie animali. A livello didattico se  ne distinguono diverse categorie: la prima, alquanto elementare presente anche a livello vegetale, è quella del mimetismo finalizzato a nascondersi oppure quei comportamenti finalizzati ad appare più grandi del proprio aspetto per scoraggiare eventuali predatori; vi sono poi comportamenti più evoluti come quelli messi in atto per attirare l'attenzione di alcuni predatori ed allontanarli dalle tane dei cuccioli oppure fingersi morti per catturare animali che si cibano di carogne; ad un grado superiore poi troviamo quei comportamenti ingannevoli messi in atto generalmente da animali domestici e legati all'apprendimento per indurre i propri padroni ad elargire cibo. Ultimo grado di complessità troviamo la menzogna deliberata, esclusiva della nostra specie e di altri primati; essa viene pianificata in maniera cosciente con l'intento descritto prima di ottenere un vantaggio o per evitare un danno. In ottica evoluzionista questo comportamento può essere considerato a tutti gli effetti una strategia di sopravvivenza e di conservazione della specie; da alcune ricerche effettuate emerge che coloro che tendono a ricorrere con frequenza alla menzogna, hanno una maggiore facilità di trovare lavoro e di attirare membri del sesso opposto. Secondo altre ricerche il ricorso alla menzogna aumenta in funzione del volume neo-corticale: i membri della specie con cervelli più voluminosi sono più inclini ad ingannarsi a vicenda. In considerazione che gli esseri umani hanno l'indice di encefalizzazione (rapporto tra il volume dell'encefalo e peso corporeo) di circa nove volte superiore agli altri mammiferi si evince dunque come essa sia molto più frequente nella nostra specie ma si ipotizza anche che questo sia il motivo principale per la quale gli esseri umani hanno una fortissima inclinazione anche ad ingannarsi da soli tramite l'autoinganno.

Dr Michele Passarella

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