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AVVENTO, C'È UN PO' DI SPAZIO PER LUI?

La corona dell'Avvento realizzata dai ragazzi di quinta elementare presso la Chiesa S. Famiglia di Nazareth a Potenza La corona dell'Avvento realizzata dai ragazzi di quinta elementare presso la Chiesa S. Famiglia di Nazareth a Potenza

Oggi, 2 Dicembre, si celebra la prima domenica di Avvento, periodo forte dell'Anno Liturgico che, in un modo o nell'altro, tocca tutti i fedeli. Avvento, ovvero "venuta", per indicare l'arrivo imminente del Signore nelle nostre vite. Un arrivo avvenuto più di 2000 anni fa eppure estremamente attuale, poiché cruciale per l'esistenza di ogni credente. Una venuta importante che, ogni anno, richiede un tempo che la precede, dedicato ad essa e vissuto in funzione di essa. Un tempo di attesa, quindi, e di preparazione. Ma come si vive l'attesa della venuta di Gesù? Cosa si può fare, concretamente, per essere davvero pronti alla venuta di Cristo? «È un tempo per riconoscere i vuoti da colmare nella nostra vita, per spianare le asperità dell’orgoglio e fare spazio a Gesù che viene». Le parole di Papa Francesco sono emblema della necessità di vivere questo periodo innanzitutto analizzando noi stessi, le nostre debolezze, i nostri vuoti. Per "fare spazio a Gesù che viene". Questa, forse, la frase su cui dovremmo concentrare maggiormente le nostre riflessioni. Fare spazio a Gesù, riservargli un angolo, un posto, un luogo dentro di noi, nella nostra vita, nel nostro quotidiano. Sembra facile, quasi scontato, eppure...

Quando si avvicina il periodo di Natale sale, in maniera quasi automatica, la nostra attesa. Ma, a dirla tutta, da quale attesa siamo invasi? Quali sono i pensieri legati al Natale che, per primi, si fanno spazio nella nostra testa e nel nostro cuore? I regali da fare, le serate da organizzare, gli eventi, le rimpatriate, le compere varie per poter soddisfare ogni tipo di richiesta e per poter adempiere ad ogni tipo di "dovere". Gli addobbi, poi, con le luci da mettere, magari prima che le mettano i vicini di casa, o magari quelle nuove, o magari diverse dallo scorso anno. E poi l'albero, che sia bello, magari più alto dell'anno scorso, magari vero, con tante palline sopra. E poi, ah sì, il Presepe. C'è anche il Presepe, nel rispetto della tradizione. Tutto deve essere pronto per l'8 Dicembre, in fondo pure il menù della Vigilia, gli invitati, i regali, tutto. E quando tutto è pronto che si fa? Ci si mette in attesa. Ma l'attesa è condita, inevitabilmente, da odore di fritto, da ultimi acquisti, da quel regalo da fare sfuggito, dalle file interminabili nei supermercati, con la tredicesima che vola via in un baleno, per chi ha la fortuna di averla. I giorni passano, anzi, volano, e in men che non si dica ci si ritrova al 24 a sera, con le tavole imbandite, con gli alberi che brillano di tante luci, il Presepe pure. Le famiglie, quelle fortunate a non essere segnate da dissidi e divisioni, si riuniscono intorno al tavolo per una serata in armonia, in allegria, con del buon cibo e tanti bei regali da scambiarsi a mezzanotte. Poi, magari, si troverà il tempo per fare qualche critica alla suocera che mi ha guardato in cagnesco, al cognato che non mi ha passato l'olio, alla nuora che è venuta vestita meglio di me per farsi vedere. Non importa. L'ora tanto attesa arriva. Ben quattro domeniche sono state dedicate all'attesa di questo momento, più di 20 giorni per potersi preparare appieno ed essere pronti. È mezzanotte, non una qualsiasi, non una come tutte le altre. È la mezzanotte che ci ricorda che Gesù c'è, è in mezzo a noi, non è mai andato via, non ci ha mai abbandonato. Una mezzanotte importante, cruciale, determinante e noi la onoriamo così, con un brindisi affettuoso, mandando il più piccolo tra noi a mettere il Bambino nel Presepe e magari andando poi a Messa, quella di mezzanotte, con un po' di cibo a fare inevitabilmente su e giù e ad indurre gli occhi a chiudersi. Ma fa niente. L'oretta della Messa passa, gli auguri con i vicini di banco e i conoscenti pure e si ritorna a casa, consapevoli che "ormai è passato un altro Natale". C'è il giorno dopo, certo, ma serve, in fondo, solo per gustare ancora buon cibo e farsi una tombolata con i parenti. E magari per aprire i regali che non siamo riusciti a scartare la sera prima. E poi via, con la mente dritti al 31 a sera. 

Un'attesa lunga, sicuramente portatrice di tanti bei momenti ma... davvero sufficiente alla venuta di Cristo? Forse, scendendo a fondo delle parole di Papa Francesco, il tempo di attesa ci è fornito e ci viene ogni anno sottolineato proprio per permetterci di fare davvero spazio a Gesù che arriva. Di farci trovare pronti, non intenti a fare altro, a pensare ad altro, non con le porte del cuore chiuse. Forse potrebbe essere un tempo per risanare rancori con i nostri familiari, con un vecchio amico che abbiamo allontanato. Potrebbe essere il tempo per la conversione dei nostri atteggiamenti sbagliati nei confronti del prossimo, dell'altro. Il tempo dell'Amore da dare e da diffondere perché, in fondo, Gesù che arriva ha bisogno più di trovare amore che una tavola imbandita. Tanti giorni per prepararci alla venuta per noi più importante, senza tralasciare l'aspetto materialmente festoso ma dando precedenza allo spazio pronto per "Lui". Per quello che ha fatto per noi, in fondo, è il minimo che possiamo fare e, trascurando Lui, rischieremmo di fare la festa senza il festeggiato.

Marco Tavassi

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