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Intervista a Gaetano Cappelli, in occasione dell'uscita di: “Stelle, starlet e adorabili frattaglie”

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In evidenza Gaetano Cappelli Gaetano Cappelli

Nel 1979 lo scrittore, Gaetano Cappelli, inizia la sua attività di narratore con una serie di racconti di fantascienza per radio Rai della Basilicata. Nel 1982 scrive vari saggi musicali col fratello Tomangelo, tra cui “Minimal trance music” ed “Elettronica incolta”. Nel 2008 vince il premio letterario “Matelica” ed il “premio speciale” dell'università degli studi di Camerino, per il volume “Storia controversa dell'inarrestabile fortuna del vino aglianico nel mondo”. Nel 2009, infine, vince il “Premio Hemingway” di Lignano Sabbiadoro con “La vedova, il santo e il segreto del pacchero estremo”. I fan di Cappelli, a questo punto, si aspettano da lui un nuovo "Parenti Lontani", il suo lavoro più conosciuto. Ma non devono pazientar molto, grazie alla pubblicazione, nel 2012, del "Romanzo irresistibile della mia vita vera, raccontata fin quasi negli ultimi e più straordinari sviluppi". Ora l'autore è tornato sul mercato editoriale con una nuova ed inaspettata creatura: "Stelle, starlet e adorabili frattaglie". Ne è uscita, così, un'interessante intervista.

 

Quando è nata la sua passione per la scrittura?

Direi durante gli anni all’università. Avevo iniziato a collaborare per un giornale con articoli di critica musicale e, a un certo punto, mi venne in mente invece di scrivere un racconto. Fu un’esperienza di totale e inimmaginabile libertà.


La componente provinciale è molto presente nei suoi libri. Che legame ha mantenuto, nel tempo, con la sua terra?

Generalmente sì. Anche se, in realtà, i miei primi due romanzi erano ambientati a Roma e Napoli. Poi invece ho capito che la provincia era molto interessante da un punto di vista letterario e da “Mestieri sentimentali”, del 92, in poi ho iniziato a raccontarne di storie e personaggi lucani che, però, non è che stiano fermi o immobili. Viaggiano, lavorano fuori, ritornano, proprio come accade a molti di noi provinciali.


Su quali aspetti dei suoi personaggi si sofferma maggiormente?

Quelli che sono importanti per la storia che racconto. E che possono riguardare il loro aspetto fisico, ma anche un particolar modo di muoversi o vestirsi. O di parlare. Le psicologie lascio che vengano fuori da tutto questo e dalle loro azioni, dal loro essere nel mondo.


Parliamo della sua ultima fatica: “Stelle, starlet e adorabili frattaglie”. Di cosa tratta?

È la storia di Adelchi Caraffa d’Acquaviva, un giovane lucano che contro il parere del padre, vecchio barone e principe del foro, invece di seguirne le orme, apre un suo ristorante in uno dei nostri paesi, bellissimi ma fuori dal mondo. E’ molto bravo ma nessuno se ne accorge. Finché un divo hollywoodiano di passaggio, una specie di George Clooney, non si ferma per caso a cenare proprio alla sua taverna. E, anzi, si diffonde la voce che voglia prendere casa, proprio lì, in zona. Così il borgo si riempie d’una folla di giornalisti, fotografi, fans, ex fidanzate, produttori. E tutti, nella loro disperata ricerca di un posto accanto alla star, danno vita a una commedia buffa che ha tra i suoi protagonisti anche la cucina lucana tradizionale e di ricerca.


So che in coda al romanzo ci sono delle ricette..

Sì, ricette tradizionali come le classiche “lagane e ceci” evocate in una delle sue satire da Orazio, ma anche il pasticcio di carne e formaggio del mio paese d’origine, nella ricetta di Tommaso Morone, e poi quelle innovative, tipo il Pacchero estremo, ispirata al mio romanzo e a Umberto di Zia Mariuccia di Maratea e tre meravigliose ricette del nostro cuoco stellato Frank Rizzuti. Insomma si legge e si magna!

 

Che rapporto ha con i suoi lettori?

Di grande divertimento. Sto su facebook e su twitter. Dialogo e cazzeggio sono continui.

 

Il nostro territorio sta vivendo una crisi profonda. Qualcuno potrebbe pensare che un romanzo poco si adatti al nostro periodo storico. Crede, invece, ci sia ancora molto da scoprire nella lettura?

La crisi è globale, ma i romanzi si son letti in epoche ben peggiori. L’uomo ha bisogno di storie, come di mangiare, vestirsi, far l’amore.


Qual è la ricetta per il successo di un libro?

Non esiste nessuna ricetta. Se ci fosse, gli editori pubblicherebbero solo libri di successo, non le pare?

 

Dia un consiglio ai giovani che si cimentano nella scrittura, attività faticosa ma molto entusiasmante.

Prima di cimentarsi nella scrittura bisogna che leggano. Attività, se vogliamo, altrettanto entusiasmante. Trovarsi dei maestri. Studiarseli proprio. Ma questa è una cosa che, purtroppo, per svogliatezza o per scarsità di tempo a cui il vivere frenetico ci porta, pochi aspiranti scrittori fanno.

 

Giulio Ruggieri

Ultima modifica ilDomenica, 17 Maggio 2015 18:00

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