Log in
A+ A A-

ScientificaMENTE – L’EVOLUZIONE DELL’UOMO

ScientificaMENTE è una serie di articoli dedicati alla divulgazione scientifica.
Affrontiamo argomenti di Biologia, Chimica, Geografia, Scienze della Terra e molti altri di carattere tecnico – scientifico, utilizzando termini il più possibile semplificati, allo scopo di avvicinare le materie scientifiche al più vasto pubblico di lettori.

 

ScientificaMENTE – L’EVOLUZIONE DELL’UOMO

 Le prove attualmente disponibili, accumulate lentamente e gradualmente, indicano l’Africa centro-orientale come il luogo di origine degli OMINIDI dai quali, in seguito, derivarono tutti gli uomini che popolarono e popolano oggi la Terra.
L’uomo appartiene al gruppo dei PRIMATI, che fanno la loro comparsa sulla Terra circa 70 milioni di anni fa. I più antichi primati furono insettivori, molto più simili all’attuale toporagno che ad una scimmia, arboricoli e poco più grandi di un ratto. Circa 40 milioni di anni fa questo gruppo primitivo si era già frazionato in diversi rami, fra cui quello che avrebbe condotto alle scimmie antropomorfe e quello dal quale si sarebbero evoluti gli ominidi. Da questo momento inizia l’evoluzione separata dei progenitori delle scimmie antropomorfe e dei progenitori dell’uomo.
Le differenze fra i progenitori degli uomini e quelli delle scimmie erano già notevoli 40 milioni di anni fa, come dimostrano i fossili ritrovati, e riguardano la dentatura, il volume del cervello e l’apparato locomotore.
Per quanto riguarda la dentatura, si riscontrano assai precocemente differenze sia nella disposizione che nella forma dei denti.
Le differenze più evidenti nell’apparato locomotore riguardano, nel gruppo che evolse verso gli ominidi, l’adattamento della struttura del corpo alla marcia bipede:
• colonna vertebrale sinuosa,
• bacino largo e piatto,
• irrobustimento degli arti inferiori,
• conformazione particolare del piede, che tende a perdere l’attitudine prensile a favore di un tallone più robusto atto a sostenere il peso del corpo.
Ancora più tardi si manifestò entro il gruppo degli ominidi, un graduale aumento di volume del cervello (da 600 cm cubici nelle scimmie antropomorfe a 1600 per l’uomo di Neanderthal).
Un fossile sul quale si accesero le discussioni degli scienziati fu il Proconsul africanus, primate antichissimo di cui furono trovati i resti in Kenia. Alcune sue caratteristiche (dentatura e forma del cranio) lo avvicinavano all’uomo, mentre altre (lunghezza delle braccia) lo accostavano alle scimmie.

Circa 15 milioni di anni fa comparvero nell’Africa centro-orientale i Ramapitechi.

Gli studiosi sono divisi: alcuni li considerano gli antenati diretti dell’uomo, altri invece li ritengono precursori delle scimmie antropomorfe asiatiche (orango). È interessante notare che, dai risultati degli studi di biologia molecolare, si oggi inclini a ritenere l’uomo più vicino allo scimpanzé e al gorilla che non all’orango.

Fossili che appartengono sicuramente alla linea evolutiva umana sono quelli degli Australopitechi, i cui resti più antichi sono stati ritrovati in Africa. Essi, comparsi sulla Terra circa 4 milioni a.f., avevano una capacità cranica inferiore a 500 cm cubici, ma una dentatura assai simile alla nostra.

Il fossile di Australopithecus africanus, rinvenuto nel 1924 in Tanzania e vissuto 1-2 milioni a.f. si ritiene che colmi la lacuna fra l’uomo e la scimmia.

Sicuramente più famoso è l’esemplare di Australopithecus afarensis denominato affettuosamente “Lucy”, scoperto in Etiopia nel 1974, e che rappresenta la più antica specie di ominide conosciuta dagli antropologi. Aveva stazione eretta, altezza di circa 1,20 m e cervello grande un terzo del nostro.

I primi rappresentanti del genere HOMO sono i Pitecantropi (il cui stesso nome racchiude la doppia etimologia di uomo – antropo – e di scimmia – piteco) che scheggiavano la pietra e avevano una maggiore capacità cranica.

Se ne conoscono due tipi:

  • HOMO HABILIS, più primitivo, che viveva in Africa circa 2,5 milioni a.f.
  • HOMO ERECTUS, assai più evoluto, che si diffuse in Asia e in Europa da 1,6 milioni a 400.000 anni fa.

Quest’ultimo aveva un cervello di oltre 1200 cm3, lavorava la selce in maniera più raffinata e conosceva il fuoco. Questa fondamentale conquista, proteggendolo dai rigori del clima, gli permise di diffondersi anche a latitudini più elevate in territori ostili. Un milione di anni fa l’Homo erectus uscì dall’Africa per colonizzare l’Asia e l’Europa.

Nel Pleistocene superiore comparve l’HOMO NEANDERTHALENSIS, considerato già una sottospecie dell’HOMO SAPIENS.

L’uomo di Neanderthal, presente in Europa già 70.000 a.f., possedeva una stazione perfettamente eretta, un cervello molto voluminoso (1600 cm3) ed era in grado di esprimersi con un linguaggio rudimentale.

Era capace di costruirsi strumenti di legno e pietra, praticava la caccia di gruppo, conosceva l’arte e seppelliva i morti.

Circa 35.000 a.f. egli scomparve bruscamente, e a questo punto comincia il regno dell’HOMO SAPIENS e poi dell’HOMO SAPIENS SAPIENS, nostro diretto antenato. Egli aveva un cervello ricco di circonvoluzioni, che gli permettevano di coordinare i movimenti, progettare e realizzare nuovi strumenti con cui abbattere animali molto più grossi e forti di lui. Sapeva inoltre adattare il suo comportamento alle varie situazioni, comunicare le sue esperienze ai compagni, esprimere le sue tendenze artistiche, come testimoniano le splendide pitture e incisioni rupestri ritrovate sulle pareti di molte caverne.

Circa 10.000 anni fa cominciò per l’uomo un nuovo tipo di civiltà, che lo condusse in brevissimo tempo a splendide conquiste: abbandonate le grotte, scoprì l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, inventò la scrittura e la lavorazione dei metalli, intraprendendo quello straordinario cammino di evoluzione e di conoscenza che lo ha portato a mettere piede sulla Luna.

 

Per approfondimenti:

http://www.focus.it/scienza/scienze/la-timeline-dellevoluzione-delluomo

http://www.focus.it/scienza/scienze/laustralopiteco-lucy

 

Bibliografia
L. Monfroni, C. Pavanati Bettoni – La Terra e l’Universo – Signorelli Editore, Milano 1992
M. Fiorani, D. Nepgen, M. Crippa – Scienze naturali – Mondadori Education, 2016
O. Lupia Palmieri, M. Parotto – Terra, edizione verde – Scienze Zanichelli, 2016
C. Cavazzuti, L. Gandola, R. Oddone – La Terra intorno a noi – Scienze Zanichelli, 2016
I. Baroni, R. Corsi, F. Costagli – Sfera plus: L’Universo e la Terra; La materia e l’energia; Gli esseri viventi e l’ambiente; L’uomo – Sei, 2015
S. Zanoli – Scienze della Terra, Elementi e immagini – Le Monnier, 2016
M.L. Piccone Antoniotti – Geografia Generale – Paravia, 1985
M. Torri, G. Santi – Tettonica delle placche – Principato, 2015
G. Bellezza, E. Cecioni – Introduzione alla Geografia umana – Zanichelli, 1994
Geoidea – GEOSTART – De Agostini, 2014
L. Morelli – Geografia, Economia, Cultura – Mondadori Education, 2014
E. Fedrizzi – GEO Sistemi e Atlante Geografico – Minerva Scuola - Mondadori Education, 2014

L. Alberghina – Biologia, sviluppi e prospettive – Mondadori 1984
M. Hoefnagels – Biologia, il laboratorio della vita; dalle cellule ai vertebrati – Le Monnier, 2015
D. Casagrande – La vita sulla Terra, argomenti di Biologia – Italo Bovolenta, 1994
D. Sadava, et alii – Biologia.blu, le basi molecolari della vita e dell’evoluzione – Zanichelli, 2014
P. Battaglini, E. Totaro Aloj – Il sistema della vita – Le Monnier, 1978
S. Zanoli – Biologia, elementi e immagini – Le Monnier, 2015

F. Tottola, A. Allegrezza, M. Righetti – Biochimica, dal carbonio alle nuove tecnologie – Mondadori, 2014
M. Artoni, A. Dazzi – Chimica – Principato, 2014
M. Vezzoli. C. Vicari – Biotecnologie – Principato, 2014
M. Vezzoli. C. Vicari – Ecologia e Ambiente – Principato, 2014
E. Stocchi – Chimica, un invito a capire i fenomeni della natura – Atlas 1981
U. Aichelburg – Il corpo umano – Mondadori, 1977
C. Longo, G. Longo – Dalla cellula ala comunità dei viventi – Minerva Italica, 1980
F. Randazzo, P. Stroppa – Chimica, alimenti e sostenibilità – Mondadori, 2014

  • Pubblicato in Cultura

VERSO UNA NUOVA DEFINIZIONE DI “DISAGIO”

VERSO UNA NUOVA DEFINIZIONE DI “DISAGIO”

 

Oggi per noi educatori ed insegnanti si pone l’obbligo di approfondire la conoscenza di tutte le occasioni evolutive che caratterizzano lo sviluppo del discente, fin dalla più tenera età.

Ogni situazione in cui l’individuo ha la possibilità di sviluppare nuove interazioni, riuscendo ad ampliare così il proprio repertorio comportamentale, è un’importante occasione di evoluzione. Gli psicologi amano usare il termine “stadio”, proprio per descrivere la successione delle infinite e complesse interazioni che influenzano e determinano lo sviluppo.   Man mano che procede la maturazione biologica, il bambino affina e si appropria di capacità ed abilità relazionali, sia con l’ambiente fisico e corporeo, sia sociale.   Si sviluppa così una progressiva padronanza dei repertori conoscitivi che potremmo definire squisitamente “scolastici” (capacità di lettura, scrittura, calcolo matematico, etc.), ma anche morali e sociali che permettono di intrattenere relazioni sociali complesse con i coetanei e gli adulti.

L’ingresso nella scuola (archetipo di tutte le istituzioni sociali) segna pertanto il delicatissimo passaggio dallo stadio di base a quello societario, che durerà per il resto della vita.

Negli anni ’60 il concetto di “ritardo mentale” è stato oggetto di accese diatribe, per le sue rilevanti implicazioni legali ed educative. Si è cercato di identificarne le cause fondamentali, distinguendo:

  • Patologia biomedica, diagnosticata anche tenendo conto delle condizioni culturali e familiari;
  • Funzionamento intellettuale inferiore alla media (basso livello intellettuale);
  • Inefficiente funzionamento cognitivo;
  • Fattori psicoanalitici e comportamentali.

La mera considerazione di malattie e lesioni che possono determinare una disfunzione cerebrale o uno sviluppo mentale incompleto non è esaustiva ai fini dell’individuazione della più idonea strategia educativa e didattica. Occorre tenere conto anche del cosiddetto “status socio-culturale”, per individuare con precisione la matrice del ritardo stesso, che alcuni studiosi distinguono in esogena, ovvero riconducibile al danno cerebrale sensu strictu, ed endogena, connessa invece a condizioni culturali/familiari/sociali svantaggiate.

Questa importante considerazione ci permette di sviluppare degli specifici programmi educativi e riabilitativi, molto utili nella gestione di tutti quei casi di alunni con danni cerebrali minimi, ma provenienti da contesti sociali svantaggiati.

Partendo dall’importante constatazione che un cosiddetto basso livello intellettivo, cioè un funzionamento intellettuale generale inferiore alla media, si associa spesso ad un impoverimento del comportamento adattativo nel periodo di sviluppo, possiamo senz’altro sottolineare l’esistenza di una sostanziale continuità delle abilità e delle caratteristiche fra individui cosiddetti ritardati, borderline e normali, e soprattutto rifiutare l’antiquata nozione di persone ritardate come qualitativamente diverse da quelle normali.

Sottoscrivi questo feed RSS

Meteo

Potenza

Ultime

Calendario Articoli

« Marzo 2024 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31

Area Riservata