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L'esperienza di Don Mimmo Florio, nell'ultima Giornata Mondiale della Gioventù.

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Il sacerdote della parrocchia "Santa Cecilia" di Potenza, don Mimmo Florio, desideroso di far conoscere a tanti la sua preziosa esperienza in Brasile in occasione dell'ultima Giornata Mondiale della Gioventù, è stato lieto di rispondere ad alcune mie domande raccontando, così, i momenti più significativi ed entusiasmanti dell'incontro con Papa Francesco a Rio de Janeiro.

 

1) Ha avuto l'occasione di scambiare due chiacchiere con Papa Francesco?

Ci speravo, ma non è stato possibile. C'era troppa gente ed era inarrivabile. Considera che eravamo quasi tre milioni. Mi è passato ad una distanza di dieci-quindici metri, ma non gli ho potuto stringere la mano. Ho avuto, invece, occasione di parlare con lui qualche mese prima durante un'udienza. In quella circostanza gli ho anche baciato la mano. È stato un bel momento, in cui ha voluto sapere chi ero e dove esercitavo il ministero sacerdotale.

 

2) Come si è svolto l'incontro a Rio de Janeiro?

Molto bene. Ancora una volta i giovani mi hanno stupito per la partecipazione, la pazienza e la grande gioia che hanno trasmesso. Erano molto festosi, hanno sempre cantato, nonostante i sacrifici che hanno dovuto affrontare e nonostante occorra fare file interminabili per raggiungere questo posto. Sicuramente si è verificato qualche piccolo segnale di stanchezza da parte di qualcuno ma, in fondo, era giustificabile.

 

3) Come si vive a Rio il rapporto con la fede?

La fede si vive come in tutte le parti del mondo. Ci sono i credenti, i non credenti, i simpatizzanti, i praticanti e i non praticanti. La loro fede si esprime nella gioia. Si tratta di una fede semplice e schietta, che riesce a mettere a proprio agio anche gli altri. Nella liturgia sono molto coinvolti, questo grazie anche al canto e al ballo. Ho notato atteggiamenti di preghiera molto belli, soprattutto quando, durante la consacrazione, tutti s'inginocchiano. La loro fede nell'eucarestia è davvero molto profonda. Secondo me, dovremmo prendere esempio da loro in questo.


4) Questa è la prima Gmg che ha affrontato?

No, è la sesta Gmg. Sono un veterano delle Gmg! Ho cominciato con Czestochowa nel 1991. Ero giovane allora. Affrontammo il viaggio in treno. Ricordo che il viaggio era organizzato dalla rivista “Famiglia Cristiana” e furono scelti due rappresentanti per diocesi. Poi fu la volta di Parigi nel 1997, con una straordinaria partecipazione dei lucani. Potevamo essere qualche centinaio. In seguito andai Roma, nel 2000 dove però, a causa di un impegno, non riuscii a starci fino alla fine. Nel 2008, invece, andai a Sidney, in Australia. Eravamo una cinquantina di lucani. Poi fu la volta di Madrid, nel 2011. Lì eravamo tanti ed io accompagnai un gruppo di venti ragazzi della mia parrocchia. Infine a Rio, dove di lucani siamo stati in trentadue.


5) Qual è il messaggio più importante che Papa Francesco ha voluto lanciare ai giovani, secondo lei?

Il messaggio più significativo, secondo me, è quello che la chiesa deve essere affidata proprio ai giovani! Li vuole protagonisti di questa grande avventura! Non a caso ha detto: “andate senza paura, per servire!”. Questo proprio per essere missionari della parola di Dio, che non è più rinviabile. Avere, quindi, sempre il coraggio di testimoniarla. Si è rivolto anche ai sacerdoti, rimproverandoli e dicendo loro di accompagnare i ragazzi in questo difficile cammino di fede. Ha poi espresso grande stima per il popolo brasiliano, "generoso, accogliente, ospitale, come io stesso posso confermare".


6) Cosa le ha colpito di più di questo viaggio?

Innanzitutto la bontà delle famiglie che ci hanno ospitato a San Josè Dos Campos. Porto con me uno splendido ricordo di padre Pedro, parroco della chiesa del Sangue di Cristo, a Rio. È stato molto gentile, paziente e disponibile. C'erano centinaia di giovani nella sua parrocchia e non gli ha fatto mancar nulla. In ultimo, ricordo l'esperienza a San Paolo negli ultimi due giorni trascorsi a Rio. Eravamo ospiti dell' “Arsenale della speranza”, una struttura fondata dall'italiano Ernesto Olivero. Qui si accolgono, ogni giorno, più di milleduecento barboni, ai quali viene offerto loro posto letto, colazione, pranzo e cena.




Giulio Ruggieri







Ultima modifica ilSabato, 06 Febbraio 2016 19:49

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