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Io amo A te: verso la complementarietà

In evidenza Io amo A te: verso la complementarietà

Cos’è l’amore? Lou Marinoff riporta tre risposte di Freud sull’amore paragonato a tre tipi di opposti: “amare contrapposto all’essere amato; amore contrapposto all’odio e amore contrapposto all’indifferenza, che, a sua volta, è l’opposto sia dell’odio, sia dell’amore” rifacendosi (inconsapevolmente) al taoismo secondo cui ciascuno è complementare, è necessario cioè per l’esistenza dell’altro.
Una cosa è chiara: quando sovrabbonda l’affetto da parte di un solo partner, si crea un forte “squilibrio”, ed è in questo stato che nasce e cresce poi – per entrambi – un forte malessere e disagio con conseguenze spesso dolorose.
La relazione con l’altro (maschio o donna) parte da un presupposto fondamentale per comprenderne poi l’evolversi. E cioè con quale modalità di pensiero mi approccio all’altro: quella dell’essere o dell’avere?
La modalità dell’avere mi pone di fronte all’altro come uno che vuole prendere possesso, anche se con dolcezza, in termini di oggetto. E il rapporto evolve secondo questa parabola. Tu sei mia, io ti voglio…… Viene minato in questo modo ogni presupposto per una relazione rispettosa della diversità-alterità dell’altro. Il protagonista è quell’io maschio che vuole e deve possedere. E’ chiaro che secondo questa modalità si annulla ogni reciprocità e ogni dialogo.
Luce Irigaray a partire proprio da questa pseudo relazione ci insegna che una vera dichiarazione-relazione d’amore va fatta in questi termini: “Io amo a te” che significa: “….Non ti sottometto, né ti consumo. Ti lodo: lodo in te. Ti ringrazio: rendo grazie a te per…. Ti benedico per. Ti parlo, non soltanto di una certa cosa, ma ti parlo a te (…)”.
Ernesto Bencivenga ci insegna che “Si ama sempre e soltanto un soggetto, uno spazio di libertà e di possibilità, un progetto che s’intuisce e nel quale si crede, magari a dispetto dell’evidenza; nel farlo, si desidera sempre e soltanto il proprio stesso desiderio, l’inesauribile energia che esso esprime, il suo tenerci costantemente sulla corda, in bilico, in vita”.
Al contrario, se guardiamo l’altro come oggetto cioè “entità dai tratti precisi e definiti, reali” allora non abbiamo mai amato veramente e non amiamo sul serio poiché a noi interessano le qualità dell’oggetto, e queste possono venir meno nel tempo o posso io stesso modificare gli interessi o gusti, la relazione insomma è fondata sul controllo o possesso dell’oggetto.
       Una riflessione che va fatta insieme, nell’alterità. Si dovrebbe lavorare alla comprensione e al riconoscimento della complementarietà.  Questa la sfida!
Buon San Valentino!










Ultima modifica ilVenerdì, 13 Febbraio 2015 19:20
Maria De Carlo

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