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LA CULOTTE DELLA DISCORDIA ALLA FIAT DI MELFI: UN'ALTERITA' NON RICONOSCIUTA

In evidenza LA CULOTTE DELLA DISCORDIA ALLA FIAT DI MELFI: UN'ALTERITA' NON RICONOSCIUTA

Ma era proprio necessario che le donne operaie alla Fiat di Melfi facessero “notare” in prima battuta (e poi con una raccolta di 400 firme) che forse il colore delle tute bianco/grigio scelto da parte dell’Azienda non è adatto alla loro attività di lavoro, dovendo fare i conti con la realtà del corpo femminile e di quella sua propria specificità espressa in alcuni giorni del mese.

Questo ci dice, ahimé, ancora una volta, che è un mondo governato da uomini e pensato per uomini. A conferma di ciò la risposta aziendale che ha suscitato indignazione da parte delle stesse, nonché dei sindacati, e cioè “l’arrivo di una culotte da indossare sotto la tuta”. Indignazione condivisa dalla consigliera regionale effettiva di parità, Maria Anna Fanelli che ha inviato alla Dirigenza FCA di Melfi una nota di sostegno alla richiesta delle operaie: “Si tratta – si legge – di una risposta gravemente offensiva e lesiva delle esigenze del corpo delle donne”, pertanto la stessa invita al “ritorno alle tute blu o almeno solo al pantalone scuro”. Inoltre nella nota si sottolinea, sempre riferendosi alle donne, anche “un’organizzazione del lavoro poco integrata con l’esigenza di cura della famiglia” come pure i tempi troppo ristretti per le pause. Anche Angela Blasi, presidente Crpo Basilicata e Giovanna Martelli, onorevole con delega Pari opportunità governo, in un comunicato esprimono la loro vicinanza alle operaie: "La richiesta delle donne lavoratrici non può essere ridicolizzata ne tanto meno ignorata".

A quanto pare c’è ancora tanto ma tanto da fare per debellare una cultura fallocentrica in tutti gli ambiti della vita sociale. Evidentemente non abbiamo bene inteso che quando si parla di “parità” tra uomo e donna non vuol dire fare le stesse cose negli stessi modi o che la donna debba scimmiottare l’uomo, bensì ci riferiamo alla “pari dignità” nella diversità. Vuol dire rispettare l’alterità. Vuol dire fare i conti con la differenza tra uomo e donna, a partire appunto dalla corporeità, e che l’uno non è superiore o migliore dell’altra e viceversa, e peggio ancora che l’una non è inferiore all’altro. Vuol dire che la società non è composta da “uno” – un solo modello, e cioè quello maschile – bensì la realtà è duale. La società è composta dal maschile e dal femminile, è “due”. Solo a partire da ciò è possibile fare scelte che tengono conto appunto della diversità.

Un processo culturale che indubbiamente deve cominciare fin dalla tenera età e che deve vedere, in ogni ambito, la duplice presenza a rappresentanza della realtà che è appunto duale. Un duplice modo di essere e di vedere le cose e di agire di conseguenza.

Forse, e dico forse, questa dualità è mancata nel decidere il colore delle tute per gli operai e operaie della Fiat come pure, e dico sempre forse, è mancata la dualità nel dare, come risposta e soluzione la culotte.

Ultima modifica ilLunedì, 12 Ottobre 2015 09:55
Maria De Carlo

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