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INCONTRO CON CARMENSITA BELLETTIERI, AUTRICE, GIORNALISTA ED ESPERTA IN COMUNICAZIONE.

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1 – Possiamo dire che il tuo percorso inconsueto è basato sulle diverse formazioni che hai conseguito: Master in giornalismo all'Università degli studi della Basilicata, Master in Direzione del personale all'INFOR di Assago (Mi), Laurea specialistica in Scienze della Comunicazione (Università degli Studi di Salerno), Laboratorio di giornalismo di inchiesta, Libera Informazione/Narcomafie…

Giordano Bruno, spiegando cos'è per l'uomo il bisogno di conoscere, scrive che coloro che cercano la conoscenza “per edificar se stessi, sono prudenti; gli altri che l'osservano per edificare altrui, sono umani; quei che la cercano absolutamente, sono curiosi; gli altri che l'inquireno per amor della suprema e prima verità, sono sapienti, e per conseguenza felici”. Io ho sempre cercato di sapere il più possibile rispetto all'ambito professionale scelto, che è appunto quello che spazia dalla comunicazione aziendale alla comunicazione pubblica fino alla comunicazione di massa, ovvero il giornalismo. Conoscere come gli individui “comunicano” significa interpretare la loro psicologia ma anche il loro contesto culturale, la storia comune che li ha preceduti e quella che stanno vivendo, la semiotica dei loro linguaggi verbali e non, le mode, le emozioni palesi e quelle più nascoste, l'evoluzione tecnologica del supporto o del medium attraverso cui la comunicazione deve transitare. Questa la parte del ricevente. Se ci spostiamo dal lato dell'emittente, bisogna individuare la linea editoriale piuttosto che gli obiettivi strategici di chi emette il messaggio, conoscere i molteplici linguaggi usati in base al mezzo: non si comunica alla stessa maniera sulla carta stampata piuttosto che nell'audiovisivo piuttosto che sul web. Ciascun mezzo ha le proprie “grammatiche”, specifici stili o virtuosismi e non si può fare a meno di conoscerli tutti, specialmente oggi. Così come fare un pezzo d'inchiesta è diverso dalla semplice cronaca o dall'attività di un ufficio stampa. Un altro aspetto interessante della comunicazione è quella definita “interna” alle organizzazioni, cosa approfondita al master dedicato alle risorse umane. Il mio scopo è quello di non farmi trovare “a digiuno” nella maggior parte degli ambiti compresi dalla comunicazione, termine d'origine latina che significa mettere in comune nel senso più originario di compiere il proprio dovere con gli altri (cum insieme e munis ufficio, dovere, funzione). Tornando a quanto scritto da Giordano Bruno, dunque, io studio e sono in perenne formazione per essere “umana” e un domani, forse, anche “felice”.

2 – Come stagista alla cronaca cittadina e alla cultura, hai avuto un’esperienza ricchissima (sezioni della pagina romana e società al giornale Il Manifesto, al giornale La Città di Salerno, Italtractor sud spa, Provincia di Potenza…). L’esperienza di stage ha sicuramente rappresentato per te una opportunità di crescita professionale?

Ogni percorso formativo, ormai, prevede un'esperienza pratica. Prima gli stage ora i project work, comunque un'applicazione concreta a quanto appreso in aula. E' sicuramente un metodo più soft per affrontare il successivo ingresso nel mercato del lavoro. Indipendentemente da come viene svolto, lo stage è sempre un momento di forte sviluppo professionale, sia sotto il profilo delle relazioni sia nel compimento specifico della mansione. L'Italtractor, per esempio, mi ha permesso di vivere e analizzare la complessità delle relazioni sindacali in un'azienda metalmeccanica di una certa rilevanza, oppure il mio primo stage alla Provincia di Potenza mi ha messo in contatto, per la prima volta dopo la laurea, con l'organizzazione di un ufficio stampa e vari processi in esso contenuti. L'esperienza de Il Manifesto è stata, a dir poco, fantastica: un gruppo di donne e uomini motivati da una vera e forte passione per l'informazione al netto di ogni “padrone”, un confronto costante durante le riunioni di redazione, dove tutti hanno lo stesso peso. E poi la grandezza umana, prima che professionale, di Valentino Parlato, uno dei fondatori. Uno sguardo pulito, ancora sognante (aveva più di 80 anni quando io stavo al giornale), una parola dolce per tutti e mai un segno di boria. Una statura morale da gigante! Ai miei occhi sembravano uomini che compiono il proprio dovere con gli altri, in quanto si sforzavano di dare voce a chi non ce l'ha.

3 - Come collaboratrice per l’ufficio stampa, hai collaborato con l’A.P.T (Azienda di Promozione Turistica della Basilicata), qual era esattamente il tuo compito?

Con l'APT ho collaborato in qualità di addetto stampa esterno per un workshop a Bologna e due press tour qui in Basilicata. E' stata un'esperienza molto entusiasmante anche perché mi ha permesso di conoscere un settore che in questo momento ha molto mercato, ovvero quello della comunicazione turistica. E, devo dire il vero, credo che sia quello mi veste meglio addosso.

4 – Parlaci delle tue collaborazioni per diverse testate giornalistiche: “Basilicata regione Notizie”, “Mondo Basilicata”, “Basilicatanet” con mansioni di ricerca, analisi, redazione della notizia e approfondimenti; audiovisivo per il web: "TG web" (servizi per la web tv del Consiglio) e "Basilicatalive" (short documentari delle tradizioni locali per i lucani all'estero).

Le collaborazioni col Consiglio regionale di Basilicata riguardano maggiormente approfondimenti di tipo culturale e servizi di comunicazione pubblica. La cosa più interessante che mi è capitata, collaborando con la testata online del Consiglio, è sicuramente la scoperta di un archivio di un medico trivignese (http://archivioroccobrindisi.altervista.org/), console in America e profondo analista del fenomeno migratorio italiano. Dalla sua pubblicazione è nato un progetto di digitalizzazione e valorizzazione d'archivio grazie all'interessamento del Gal Basento-Camastra e del Comune di Trivigno.

5 - Raccontaci la tua esperienza di docente nei laboratori itineranti di aquiloni per bambini.

L'esperienza dei laboratori di aquiloni voleva trasmettere un modo di giocare e di costruire il proprio gioco da materiali riciclati. La soddisfazione più bella era vedere come il bambino decorava il proprio giocattolo e come ne era fiero.

6 - Sei ideatrice e autrice di una fiaba-filastrocca in rima finalizzata alla sensibilizzazione contro il tabagismo nelle scuole dell'infanzia e primaria della regione Basilicata, all'interno delle attività di educazione alla salute dell' ASP Azienda Sanitaria Locale N.2-Potenza. Di che cosa si tratta esattamente?

Era un racconto dedicato alle scuole dell'infanzia che si proponeva di far capire al bambino la negatività del fumo tramite l'uso di un linguaggio a lui più vicino: una filastrocca illustrata. Faceva parte di un progetto 'Scuola e salute' dei ministeri dell'Istruzione e della Salute che coinvolgeva le Asp e gli istituti scolastici.

7- Sei stata ideatrice, autrice e social media manager di un progetto di valorizzazione e comunicazione enogastronomica della Basilicata, tramite degli audiovisivi destinati al web. Il contenuto dei video ha l’intento di abbinare cinque gusti a cinque prodotti tipici e a cinque emozioni/sentimenti. Illustraci la narrazione che si muove tra la rappresentazione delle ricette tradizionali e i riferimenti al contesto culturale dell’area d’origine.

FoodFileBasilicata (http://foodfilebasilicata.blogspot.it/) è il racconto di cinque ricette tradizionali della Basilicata intorno alle quali si tesse una trama filata intorno al prodotto tipico, protagonista della ricetta, e all'humus culturale che lo “coltiva”. Il fine ultimo dei cinque brevi filmati è un piccolo tentativo di restituire l'anima al cibo. Come dice Carlo Petrini, “Il problema più grande è la perdita del valore simbolico dei cibi. Sono diventati commodities, beni di consumo senza anima”. Ogni ricetta si snoda intorno ai simboli che da sempre l'uomo ha attribuito ai singoli doni della Natura e intorno ai quali è nata la condivisione e la società umana come ci è stata tramandata.

8 - Hai pubblicato da Arduino Sacco Editore nel 2011 una piccola raccolta di fiabe e leggende intitolata "Li cunti" della Lucania mia. Hai narrato un mondo fantastico di un popolo e del paesaggio che lo circonda, riscoprendo la tradizione fiabesca lucana. Di cosa parlano esattamente le fiabe e quali sono le loro morali?

L’elemento che accomuna tutti i racconti presenti nel libro è sicuramente uno strettissimo rapporto con la Natura. Una natura che conserva i tratti fondamentali della Grande Madre, strega e fata, latrice di vita e di morte. In quasi tutti i racconti l’elemento femminile è il vero protagonista, anche quando i personaggi sono eroi e non eroine o l’aiuto magico deriva da un essere maschile piuttosto che da una fata. Anche la Basilicata, dunque, riconferma la tradizione mitica dell’Europa meridionale, ove l’archetipo della Grande Madre è ancor oggi molto più vivo che altrove e ha una grossa parte nel sottofondo culturale e nell’inconscio dei suoi abitanti. Essi sono rimasti maggiormente sotto il suo dominio perché essa fu per molto tempo l’archetipo dominante della civiltà mediterranea prima dell’avvento del Cristianesimo. Nelle civiltà dove l’elemento femminile è prevalente, l’ideale di autodisciplina è generalmente meno forte e quindi la pulsionalità è meno repressa. E’ il calore del Sud. Questo potrebbe essere stato il criterio di selezione che, nei secoli, il popolo lucano ha adottato (inconsciamente) per rielaborare e conservare la più antica e orientale tradizione della fiaba.

Ultima modifica ilSabato, 17 Ottobre 2015 17:16

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