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Downtown: il viaggio poetico di Andrea Galgano alla ri-scoperta del continente americano

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In evidenza Downtown: il viaggio poetico di Andrea Galgano alla ri-scoperta del continente americano

E' stato presentato a Potenza, agli inizi di Febbraio, Downtown, il nuovo testo del poeta e critico letterario potentino Andrea Galgano edito da Aracne. Il volume è un viaggio capillare di poesia e arte attraverso gli Stati Uniti e il Canada, in tutte le loro molteplicità e suggestioni. La geografia dei grandi paesaggi, delle grandi città, delle libertà dei luoghi che ospitano il cielo, plasmano l’esistenza e definiscono lo spazio vivente della condizione umana. Il lavoro si compone di quattro “quadranti” in cui si riversano circa duecento componimenti poetici, impreziositi dalle tele a cura di Irene Battaglini, psicologa dell'arte presso il Polo Psicodinamiche di Prato. Un lavoro intenso e affascinante che lo stesso autore, attraverso il suo acuto sguardo ci ha illustrato, concedendosi per un'intervista su queste pagine

Prof. Galgano, dopo la rilettura critica di Pascoli e Leopardi in “ Di là delle siepi “ un nuovo libro dal titolo Downtown, in cui la geografia dei paesaggi urbani statunitensi e canadesi si fonde al viaggio letterario del Galgano poeta e all’arte ispirata delle tele di Irene Battaglini. Ci spiega la genesi di questo progetto ambizioso e suggestivo ?

Il progetto è nato nel 2012 e ha richiesto tre anni di scrittura e revisione. Un paio di testi erano già presenti nel catalogo Radici di Fiume, edito da Polo Psicodinamiche, uscito nel 2013 e che faceva coincidere, in modo denso e osmotico, le tele di Irene Battaglini e i miei testi. La genesi nasce non solo dalla bellezza evocativa di questi luoghi, visti in ogni intensa trafittura di colore e luce, ma per una sorta di stupore incarnato, irresistibile, a cui essi richiamano. La violenta bellezza della pienezza, incontrata e sperimentata in questa nazione, rappresenta il segno della profondità del reale, del suo incanto e del suo dolore. Non è una prospettiva di sguardo che si posa solo sulla bellezza ma che tende ad appropriarsi anche dell’estremità e della durezza, delle vertigini sognanti e delle ruralità. Come accade per gli abissi dell’abbandono urbano di Detroit, ad esempio, oppure per certi quartieri di Los Angeles o Chicago. Tutto concorre a una seminazione in cui l’essere è provocato e si mette in ascolto. La memoria e il ricordo, la storia e i fatti compongono le tessere di un mosaico dove il forte impatto evocativo si accompagna a una densa lucidità.

Downtown è un termine inglese solitamente impiegato per riferirsi al centro di una città. Il titolo fa riferimento ad una città in particolare o allude alla centralità di uno sguardo poetico sui luoghi che di volta in volta l’hanno ispirata nei suoi componimenti ?

Il termine è stato coniato per l’isola di Manhattan per designare il suo nucleo originario. Poi l’accezione ha finito per riferirsi al centro storico-finanziario e in particolare al Central Business District. A New Orleans, invece, il fiume Mississippi diventa una sorta di confine e downtown diventa downriver. Ma è termine utilizzato anche nel basket, per indicare un tiro fatto da una distanza lontanissima. Quindi, designa una esatta collocazione che diventa germinazione di un mundus dove la vita si svolge e, allo stesso tempo, anche un centro metaforico a cui tendere. È un cammino di scoperta in cui il Sé, colto nel suo incontro con la realtà, si paragona con tutta la profondità del reale, persino nella sua contraddittorietà. Del resto, Frank Lloyd Wright diceva che se il mondo si rovesciasse, tutto cadrebbe su Los Angeles.

Il testo edito da Aracne si inserisce nella collana interdisciplinare denominata “ L’immaginale “ dove un ruolo di coordinazione tematica è spesso svolta dalla psicologia. Quali sono gli elementi dell’animo umano che il lettore potrebbe ravvisare immergendosi nell’esperienza artistico-letteraria che lei cerca di raccontare nelle pagine del libro ?

È, innanzitutto, un’esperienza di gioia che cerca spasmodicamente il vivente in tutte le sue forme. Che si ridesta non solo per l’incontro con la realtà ma soprattutto per una “ferita” d’amore, un viaggio che desidera il compimento perché sosta su ciò che è sterminato e immenso, che si lascia colpire dall’infinità e cangiante varietà dei cieli, e che fa i conti con il grande limite umano che provoca e sgomenta ma che si apre all’insopprimibile desiderio di felicità. Abbiamo realizzato anche un bellissimo video con il regista Giuseppe Gallucci in cui la parola accostata all’immagine fa emergere un mosaico di frammenti, che tocca le grandi città (Los Angeles, New Orleans, Chicago e New York) e si impregna di una compenetrazione di meccaniche astrali.

Nel retro di copertina si legge che i componimenti poetici rinnovano la suggestione infinita dell’America, definita un incrocio di ossimoro e bellezza. Cosa rappresenta l’ America per il poeta e uomo Galgano, e in cosa consiste la natura ossimorica del “ nuovo “ continente? La copertina a cura di John Cunniff fotografa la downtown newyorkese con la statua della libertà ripresa di spalle e sembra raffigurare metaforicamente una sorta di “ altra faccia della medaglia ˮ

Per me è il luogo di uno struggimento che penetra nelle ossa e si attesta dinanzi all’evento del mondo e una domanda elementare in cui le azioni, i gesti, l’incredibile densità umana caratterizzano il limine dell’esistenza in cui la capacità poetica spalanca gli occhi sull’orizzonte del mondo, lo lambisce in ogni anfratto, per farne il teatro della sua «colorata luminosità».

New York è anche una delle quattro sezioni poetiche in cui il libro si compone. Le altre sono dedicate al Canada, e alle aree occidentali ed orientali degli Stati Uniti d’America. Una tale centralità esplicativa ed ispirazione poetica sono in qualche modo legate alla fama che la Grande Mela e i suoi distretti hanno acquisito grazie ad indiscussi cult cinematografici o le ragioni vanno cercate altrove ?

L’esperienza che ho tratto dal mio viaggio americano afferma ciò che si innerva nella quotidianità più affollata e vivida. Luoghi di leggenda, certamente, ma anche il passaggio del tempo in tutta la versatile cromaticità «tra la Bowery e Loisaida, tra il quartiere dei derelitti di una volta e quello dei poveri disgraziati di oggi, si annuncia l’epifania della New York di sempre, dove coesistono il bene e il male, la follia e il sapere, la vita quotidiana e il “quarto d’ora” delle celebrità. New York è tutto questo: la morte e il sogno, l’abisso e la cena quotidiana della middle class, la paura strisciante nelle strade e lo splendore apocalittico dei grattacieli di Manhattan» (Giuseppe Panella). Proprio questo splendore epifanico è la traccia da seguire, poiché mette in scena l’infinita sproporzione dell’essere e del reale, la sconfitta e il limite, la luce bandita, l’alfabeto del vivere, il gigantesco magma di un’iniezione che vuole appartenere alla vita perché la riconosce e la nomina, l’abbraccia e la segue, destinando il rischio della propria anima a non tralasciare nulla di questa incandescente pienezza.

 

Per il debutto di presentazione ha scelto la sua città natale, Potenza. Come è stato accolto il testo e quali sono le prossime tappe in programma per presentare Downtown ?

Nelle prime due presentazioni, a Potenza e Prato, c’è stata forte empatia con il pubblico e una calda suggestione con grande riscontro. Sono previste altre presentazioni e sarà tradotto per permettere la lettura e far assaporare la decisività lirica nella lingua anglo-americana, portata all’estremo della sua possibilità.

Alcuni componimenti presentano sottotitoli contenenti gruppi di parole chiave, mentre altri contengono brevi citazioni, come Le foglie del New Hampshire in cui è riportata una frase di Mario Luzi. Cosa giustifica tale presenza?

La presenza di Mario Luzi, in questo testo, non ha solo il valore di epigrafe risolutiva: è omaggio e, allo stesso tempo, la sequela a una traduzione di un’apertura al mondo come avvenimento e al suo mistero che si fa. Ci tarlo è un debito di formazione e un atto d’amore. Il New Hampshire rappresenta, in tutta la varietà di stagioni e istanti, l’accadere del mistero che si fa e si crea, basti pensare anche all’incredibile fulgore cromatico degli autunni, come scrive Panella: «Le foglie che cadono sull’innevato e selvaggio paesaggio del desolato New Hampshire, nei lunghi e terribili inverni che lo caratterizzano, sono il simbolo del passaggio umano che non si ferma e trascorre ma sono anche la sua assoluzione, “il mondo devoluto all’unanime amore” che è ciò che rende l’esistenza di ognuno degna (qualche volta!) di essere vissuta».

 

Il libro conferma il sodalizio artistico-professionale con la psicologa dell’arte Irene Battaglini. Più recente sembra essere il sodalizio con il prof. Giuseppe Panella.

Il connubio con Irene Battaglini è l’esito di una traiettoria umana e vitale che non si esaurisce perché rappresenta il culmine di un filo teso che accomuna e unisce. Le tele, in questo senso, si inseriscono in una smodata accensione cromatica che rende omaggio alla bellezza e al dolore con una vasta descrittività. Il prof. Panella è, in assoluto, una delle persone più colte che io conosca, tanto per la saggezza esperienziale che viene dettata dai suoi interventi quanto per la profonda lucentezza e visione critica che traspare in ciò che scrive. Dato l’acume, credo sia stato tra gli studiosi più indicati a “strofinare” questo lavoro, per far emergere appieno tutti lampi, le deviazioni e i movimenti che esso reca in grembo.

Recentemente è deceduto Umberto Eco, da molti ritenuto un intellettuale di caratura internazionale. È noto che lo scrittore, corsivista e semiologo attribuisse un ruolo centrale per l’apprendimento individuale all’esercizio costante della memoria, come testimonia una lettera al nipote pubblicata dal sito de L’ Espresso. Cosa ne pensa delle sue dichiarazioni al riguardo, bisogna ancora imparare le poesie a memoria nella scuola d’oggi ?

Non credo sia solo un problema di impararle a memoria, che sarebbe un’operazione ancora importante e decisiva, quanto piuttosto il tentare di far riscoprire la linea di un viaggio, di un’immersione in un grande movimento cosmico che la realtà mette dinanzi agli occhi. La poesia deve servire a far rischiarare il movimento del reale e la consistenza dell’essere uomini attraverso una dinamica attiva di stupore e conoscenza.

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