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Articoli filtrati per data: Venerdì, 02 Gennaio 2015

Nuovi orizzonti del settimanale on-line La Pretoria presto collaborazione con Scontolo.

 

"Il nostro settimanale on-line www.lapretoria.it, reduce degli ultimi cambiamenti innovativi apportati alla propria pagina grafica, alla quale sono stati aggiunti spazi video e nuove rubriche, come quelli dedicati alla psicologia, alle donne e alle interviste, con colori accattivanti, nuovi riquadri e spazi fotografici, ha dato corso a nuovi andamenti giornalistici e tecnici.

Su questa scia lapretoria.it intende continuare, aprendosi anche alle collaborazioni con chi, dando nuovo impulso alle proprie iniziative le può offrire gratuitamente ai già numerosi lettori del nostro settimanale, i quali potranno usufruire di servizi esclusivi a loro riservati facendo si che che diventi un punto di riferimento.

E’ il caso della collaborazione con - www.scontolo.net – il nuovo sito web lucano che offre due sezioni principali: una lo shopping on-line, l’altra coupons, sconti gratuiti e pronti da scaricare sul proprio dispositivo.

Si apre un nuovo scenario per il nostro lettore. Infatti, in ogni momento, il nostro utente, potrà usufruire, con modalità semplici e utili, di coupons totalmente gratuiti da scaricare e mostrare all’esercente, senza scadenza e senza anticipare nemmeno un centesimo.

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Provare per credere!

Certi di fare cosa gradita a tutti i nostri lettori, confidiamo in questa nuova realizzazione."                                                                                                          

Michele Saporito e Luciano Gentile

La ciaspolata (poesia di Salvatore Fittipaldi)

 

Durante il viaggio, non sentirti sola, anima mia.

L'apparizione della neve ha cessato di sparire.

tu continua a ciaspolare fra gli abeti:

l'insistenza del fiato è in cammino

ed esce caldo il vapore del respiro:

le gambe sono leggere

dove l'amicizia del silenzio avanza nella luce della neve:

ad ogni passo

la racchetta gratta, scalpita, sbatte contro il tacco, si appoggia piatta,

riprende, crea la meta.

E' la magia del bianco che a te, fa compagnia, anima mia.

 

 

 

foto fonte google

 

 

 
 

Fiore in itinere (poesia di Salvatore Fittipaldi)

 

Solo una goccia d'acqua,

non ha altro, per la sete intima dei petali: pallidi, impalliditi di dolore,

per le stimmate dei pistilli e degli stami.

       se la salvezza potesse avere inizio, essere

veramente guadagnata: se riuscisse il compagno di viaggio,

iniziandosi a soffrire il corpo, a svelare la certezza nascosta

nell'orrore, a risvegliare la meraviglia dopo la distruzione,

a mettere la freschezza nei fantasmi che avvolgono le cose

se riuscisse ad accedere al buco, a lui precluso, del destino,

forse il viaggio si eleverebbe a più alta misura, il lavoro del giorno

diventerebbe davvero creatore.

Se a quest'ora del viaggio manca la certezza del presente,

il passato guarda all'estremità dell'avvenire.

Se appare che è il solito scenario che si muove, forse 

è la strada giusta: dicono che è la strada del dolore

che scatena la storia.

 

 

 

Una ricetta semplice per voler bene alla vita.

 

Tutto oggi sembra dover viaggiare secondo i canoni che impongono i mass media, soprattutto la televisione, che condiziona terribilmente i nostri comportamenti, orienta le tendenze, fa salire il culto dell’avere, dell’apparire, del possedere. Si “è” per quanto si “ha”, non per le cose che contano e che dovrebbero ispirare, guidare la vita.
Abbiamo perso il senso del vero, del buono e del bello. Abbiamo smarrito il significato del sacrificio, dell’essenzialità, dell’attesa, dello stupore. Ci è stata inculcata l’idea che basti avere cose per essere felici. E invece vediamo in giro un sacco di infelicità e scontentezza, che leggiamo sui volti delle persone. Siamo senza bussola.

Dobbiamo ritornare all’«essere» dopo le ubriacature di «avere», con cui abbiamo cresciuto e stiamo crescendo le nuove generazioni, convinti di fare il loro bene spianandogli la strada e togliendogli ogni ostacolo, ogni difficoltà sui loro percorsi. In passato, chi cadeva doveva imparare a rialzarsi da solo. Oggi è già una fortuna se non si va dallo psicologo o dallo psichiatra per imparare come aiutare chi cade.

La vita non è quella che ci vogliono far credere, di panna montata e di effetti speciali. La vita è altro, molto altro. Io vivo in un nido familiare dove cerchiamo di accontentarci di piccole cose, ma le gustiamo, le apprezziamo, perché ogni cosa è una conquista e ogni conquista è un risultato che dà gioia vera, non artificiale o di circostanza. Con la mia famiglia, insieme, ci sforziamo di mantenere e difendere il nostro bene più prezioso, la serenità, che costruiamo giorno dopo giorno come asse portante del nostro vivere.

Sono una mamma che si impegna a inventare un pranzo frugale, riscaldo il pane secco e cospargo sale e olio, taglio a fettine sottili un pezzo di salsiccia, imito la nutella con un po’ di burro e cacao amaro, cerco di far capire con un’alimentazione, anche povera ma sana, che prioritaria è la convivialità, con il piacere di stare insieme, di ritrovarsi. Non amo per niente i modelli di famiglia stile mulino bianco, dove tutto pare un’oasi incantata di felicità. A tavola si imparano molte cose, dalla capacità di stare insieme all’accontentarsi, al ringraziare comunque il cielo per quello che abbiamo e che molti non hanno.
Invito i miei figli a studiare in una sola città per restare tutti insieme, nei limiti del possibile e se non posso comprar loro una nuova maglietta o un altro paio di scarpe, provo a far capire loro che molti non hanno niente e ogni giorno un numero non quantificabile di persone muoiono di fame, perché hanno avuto la sventura di essere nati in una realtà dove non c'è niente.
Cerco di far capire ai miei figli che se non si può uscire a mangiare la pizza il sabato sera non è una tragedia. Il messaggio passa e sono loro stessi che poi apprezzano la gioia semplice di una tavolata calda, in armonia. E dicono che la pizza migliore è quella che fa la mamma. E quando con mio marito restiamo soli e pensiamo a come sarà il futuro e ci preoccupiamo delle prospettive, visti i tempi che stiamo vivendo e le insicurezze, le precarietà, i costi che si moltiplicano, ci facciamo coraggio insieme, pronti a rifare la vita che hanno fatto i nostri genitori, imparando a rinunciare a qualcosa, ad accontentarci. Questa non vuole essere una filosofia della rassegnazione e del fatalismo, ma un’esortazione, che dobbiamo rinnovarci ogni mattina, a rimboccarci le maniche, ad affrontare il nuovo giorno come una risorsa, un’opportunità da cogliere.

Cari amici, ho vissuto una vita fatta di piccoli passi, di avanzamenti conquistati palmo dopo palmo, con la fatica ma anche con la buona volontà. Non mi spaventa una casa priva di comfort moderni, conosco tanti poveri e sono in cammino per abbracciare ogni giorno qualcuno che sta peggio di me, di noi, e dei quali non ci accorgiamo o non vogliamo accorgerci, perché “non abbiamo tempo” e dobbiamo andare di fretta.
Chi ha avuto il privilegio di nascere povero, apprezza poi tutto come un traguardo rinnovato ogni volta. E ogni volta è una commozione vedere un sorriso che spunta sul volto di qualcuno, al quale abbiamo regalato un po’ di noi. Forse è questo che tutti insieme dovremmo sforzarci di riscoprire: la contentezza che viene dalla semplicità, ancora più gratificante in un mondo che fa di tutto per complicare ogni cosa.

La vita l’ho vissuta con gioia e voglia di vivere, ho realizzato tanti sogni, ho provato grandi emozioni, ho avuto tante soddisfazioni: sento di dovere una grande riconoscenza al Signore Gesù, perché da sola non avrei potuto essere chi sono e senza insegnamenti fondamentali, come quelli ricevuti dai miei genitori e da chi mi sta attorno, mi circonda e mi vuole bene – perché a mia volta ne possa riverberare – non avrei trovato questo percorso: che non è facile, ma che è sicuro nel cammino della vita. E aggiungo che la felicità non è un’utopia e non è irraggiungibile: la felicità è silenziosa, discreta, mai appariscente. La felicità risiede nella forza e nella solidità degli affetti, nell’aiuto dato al prossimo, in una carezza fatta ad una persona avvilita o disperata. Forse, se insegneremo ai figli questa strada semplice, ritroveremo tutti quanti la speranza, l’ottimismo e anche la letizia di vivere.

 

Michela Napolitano

Presentato a Potenza “Alice nel paese dei call center”.

 

Bisogna lottare per crearsi un futuro. Questo è il messaggio che la giovane laureata in Lingue, Dalila Coviello, esprime nel suo libro d'esordio “Alice nel paese dei Call Center” presentato domenica, 28 dicembre, presso la sede di Gocce d'Autore a Potenza. Il musicista Toni De Giorgi ha intervallato la serata con alcuni inframezzi al pianoforte. La storia si snoda attraverso un dialogo che racchiude i sacrifici, ma anche le false attese e le delusioni affrontate durante il suo periodo post-universitario a Pescara. Tanti i lavoretti costretta ad asservire, al fine di raggiungere la tanto agognata autonomia. Dalila ci racconta quindi una società in cui, il più delle volte, non c'è da dire grazie a nessuno per ciò che si riesce a realizzare. 

La vita odierna, in fin dei conti, ha un po' l'aspetto di un'inesorabile marcia verso la conquista del mondo. Una battaglia continua dove l'uomo deve costantemente lottare per vivere. Tematiche che in mano ad altri saprebbero di tronfie aspettative, attraverso la penna elegante e sofisticata dell'autrice vengono esplicitate in modo irresistibile.

L'esperienza sembra non essere mai abbastanza per cercare un'attività. Si mandano invano curriculum, anche quando di annunci di lavoro validi se ne trovano sempre meno. Questo può far perdere le speranze e la fiducia in se stessi, senza dimenticare però che nel lavoro, se davvero si investe bene la propria volontà, si può anche arrivare ad essere dei "re mida", dove qualsiasi cosa si tocca diventa oro. Ma non si può certo trascurare che il mondo sembra aver reclutato nuovi idoli, nuovi padroni, capaci di condurlo "insano e salvo" nel suo terzo millennio: il dio internet, la dea televisione, il dio denaro, la sete di successo, dio narciso e chi ne ha più ne metta. 

"Alice nel paese dei call center” pone riflessioni sull'incapacità di attivare riforme utili a creare nuovi sbocchi professionali per i giovani. Un libro denuncia, insomma, che non per questo ha l'aspetto compassionevole o rigido, come se fosse un saggio politico, come è stato ben ribadito dalla giornalista Eva Bonitatibus. Una vicenda tragicomica, con un finale a sorpresa.

Dalila è consapevole di essere solo all'inizio di una lotta, iniziata circa 5 anni fa, quando terminò il suo percorso accademico fiduciosa nell'umanità. Se è vero che la protagonista impazzisce tra un lavoretto e l'altro, il concetto di fondo resta l'indipendenza. 

Il giornalista, Massimo Brancati, ha spiegato poi di essersi occupato dell'autrice già nel 2012, quando bacchettò tramite una lettera, il ministro Fornero, in merito a una dichiarazione secondo cui i giovani italiani non si impegnano abbastanza per cercare un lavoro. La lettera, pubblicata anche nel blog di Dalila, smentì totalmente la sua dichiarazione, suscitando innumerevoli consensi. Eppure la persona che, più di tutte, avrebbe dovuto darle risposta non si è espressa. L'editrice Maria Littorio ha detto di essere stata proprio lei, dopo aver visto il suo blog, a darle lo spunto due anni prima per scrivere questo libro. Si è risentita poi, solo a distanza di due anni con Dalila, per la pubblicazione editoriale.

Per l'autrice il call center resta un lavoro come un altro, seppur basato sulla precarietà. "L'ostinazione a volte è un male - ha detto - ma ci sono casi in cui può fare la differenza, consentendoti alla lunga di farti ottenere obiettivi importanti". Ha poi ricordato che il 47 % dei giovani in Italia, non ha mai lavorato nel proprio ambito. Proprio come tanti, Dalila ha dovuto confrontarsi con problematiche che avrebbero scoraggiato più di qualcuno. 

Non c'è forma di libertà più bella nella vita che scegliere chi voler essere" - ha detto. Ha dovuto creare curriculum differenziati a seconda del lavoro che andava cercando (per barista, commessa, call center..). 

Durante il periodo "ovattato" degli studi universitari, non si aspettava di trovare una situazione tanto difficile. Da due anni, però, ha trovato una certa stabilità lavorativa, in sintonia con il suo percorso di studi, in una società che si occupa di euro-progettazione. "Le riforme andrebbero fatte a livello di tessuto sociale" - ha ribadito - . "Un tessuto che va completamente cambiato".  

Si augura che il libro venga letto da chi non c'entra, o non si è mai interessato di call center e ricorda, inoltre, che bisogna essere in grado di assorbire qualunque colpo inferto dalla vita e riuscire a farne tesoro, per cadere sempre in piedi. Un po' come l'araba fenice, facendo un paragone con la mitologia, che finisce in cenere per poi risorgere sempre più in forma che mai.

 

Giulio Ruggieri

A Maratea una nuova tappa del Basilicata Gospel Festival.

 

Il Basilicata Gospel Festival arriva anche a Maratea. Un nuovo appuntamento della rassegna di musica gospel organizzata dall’associazione culturale “Il Circo dell’Arte” di Venosa è in programma venerdì 2 gennaio dalle ore 19 nella Chiesa dell’Annunziata, dove si esibirà il quintetto americano dei Divinity, una formazione di autentici professionisti che vantano collaborazioni discografiche e partecipazioni a tournée con importanti nomi della scena musicale religiosa afro-americana. Con le loro potenti voci Marsha Wilson, Janice Bonner, Shelia Bonner e John Harris, accompagnati al pianoforte da Elvis Lewis Jr., presenteranno i più famosi brani della tradizione gospel. L’evento rientra nel programma delle manifestazioni natalizie “Maratea Scena Natale 2014”, predisposto dal Comune di Maratea.

Il Basilicata Gospel Festival, coordinato dalla direzione artistica di Pasquale Cappiello, è un grande evento che porta l’energia e le migliori voci della musica gospel internazionale negli splendidi scenari lucani, con lo scopo di favorire la crescita culturale della comunità e di contribuire alla promozione del turismo anche durante il periodo invernale, portando la gioia e la spiritualità che solo la musica gospel sa trasmettere in alcuni importanti luoghi sacri del territorio. Ogni concerto si trasforma in un’occasione per vivere un’esperienza sorprendente, capace di coinvolgere il pubblico in un crescendo di divertimento e forti emozioni.

La musica gospel, che affonda le sue radici nei canti degli schiavi di colore impiegati nei campi di cotone del Sud degli Stati Uniti, mescola i suoni e i ritmi africani con le melodie dei canti ecclesiastici protestanti e con la musica profana suonata nei cabaret a partire dagli anni Venti del Novecento. Il termine gospel deriva dalle parole “God” e “Spell” ed è traducibile come “Parola di Dio” o “Vangelo”. Dopo essersi affermato in America come musica religiosa, il gospel si è diffuso e consolidato anche in Europa come testimonianza tipica della cultura afro-americana ed espressione corale di un popolo che fonda la sua speranza di riscatto nel Vangelo.

Il cartellone di questa terza edizione del festival presenta dodici date, sedici concerti e tre gruppi gospel internazionali come ospiti. Oltre al Divinity Group, due formazioni provenienti dalla Gran Bretagna: il sestetto United Gospel Kingdom e gli UP Mass Choir, gruppo fondato dal pastore Patrick George e formato da talentuosi artisti provenienti dal Sud dell’Inghilterra, con un repertorio che spazia dal gospel tradizionale a quello contemporaneo.

 

Ufficio stampa:

Francesco Mastrorizzi

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