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Maria De Carlo

Maria De Carlo

LA DIRETTORA

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LA SHOAH: LA DISTRUZIONE DELL'UOMO

Giornata della Memoria: 27 Gennaio 1945, giorno della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. Le vittime della Shoah sono state tante….e “Chi vi morì, non fu assassinato per la fede che professava e neppure a causa di essa o di una qualche convinzione personale. Coloro che vi morirono, furono innanzitutto privati della loro umanità in uno stato di estrema umiliazione e indigenza; nessun barlume di dignità umana fu lasciato a chi era destinato alla soluzione finale – nulla di tutto ciò era riconoscibile negli scheletrici fantasmi sopravvissuti nei Lager liberati”. E’ quanto afferma Hans Jonas ma è quanto leggiamo anche in Primo Levi in “Se questo è un uomo….”. E’ una pagina della storia dell’umanità buia più della notte perché l’umanità si è oscurata, è venuta meno…..non ci sono parole per descrivere l’orrore, la distruzione, la Shoah. E le parole non ci sono…. Quando i prigionieri chiedevano ai loro aguzzini il perché di tutto quel male – Warum?- questi rispondevano con un: non c’è un perché! – Hier ist kein Warum -.
Un processo di disumanizzazione che parte dal primato dell’avere sull’essere, del primato della “cosa” (interesse economico e/o di potere) sulla dignità e sacralità dell’uomo. Quando questi pensieri diventano pensieri “comuni” come se fossero “normali” si può arrivare anche alla distruzione della vita in modo “disumano”….senza pietà, senza cuore, senza ragione, senza cioè tutto ciò che rende l’uomo tale per la sua essenza di “umanità”…. Si diventa, al contrario, disumani … in una logica di “banalità del male”, cioè un male fatto non per un’indole maligna dei carnefici “ma per una completa inconsapevolezza di cosa significassero le proprie azioni”, così come Hanna Arendt ci spiega sottolineando come l’uomo che non ha idee e che è asservito a un sistema o diventa inconsapevolmente il braccio di un altro, obbedisce a un ordine….può arrivare a commettere tanto male…
Sarà per questo che le menti meno ricche di fantasia, di immaginazione, di idee fanno comodo e sono utili agli uomini di potere?! E sarà per questo che i libri vengono bruciati o censurati….
Ma di fronte a questa catastrofe risuona la domanda più volte ascoltata: dov’era Dio ad Auschwitz? “Eccolo: è appeso lì, a quella forca…”, è il bambino “l’angelo dagli occhi tristi” che Elie Wiesel narra ne “La notte”, è quell’innocenza del bambino che rivela “l’immagine umana della bontà incondizionata di Dio ma anche della sua altrettanto radicale impotenza. Né il bambino né Dio conoscono il male, privilegio e dannazione della libertà umana”.
Ma la libertà non può essere disgiunta dalla responsabilità. Quale percorso dovremmo intraprendere affinché non accada mai più l’inenarrabile? Dobbiamo crescere in responsabilità, perché solo se l’uomo saprà “fare se stesso a immagine e somiglianza della bontà infinita di Dio (e non della sua presunta onnipotenza) – commenta Jonas - l’umanità potrà salvarsi dalla soluzione finale del problema umano”.

BUON 2016 ....CON L'AUGURIO DI DIVENTARE BAMBINI

Un Augurio per il 2016: impariamo dai bambini ….diventiamo come i bambini! Le festività natalizie ci fanno assaporare la bellezza e il tremore di essere bambini. E’ la loro festa. Quella del piccolo Gesù di Betlemme ma anche il ricordo della tragicità degli innocenti uccisi…..e l’attesa del dono con l’Epifania (una calza appesa e la speranza che venga riempita di tante cose buone).

Dal Natale un grande insegnamento: diventare bambini e accogliere il bambino. Due grandi valori ci vengono consegnati. Due opportunità per la formazione della nostra umanità: Accogliere, cioé lasciare che l’altro diventi parte della nostra vita. Accogliere vuol dire farsi grembo per l’altro, accoglierlo così come è, senza pretese di modifiche o di cambiamenti. E nell’incontro che avviene tra i due si annullano distanze e si smontano pregiudizi.

L’altro grande valore è quello dell’ascolto. Ascoltare…. Avere cioè la capacità di farsi spazio incondizionato per l’altro, per la sua parola, i suoi gesti, i suoi sguardi, il suo sentire. Non volere per l’altro la nostra volontà ma ascoltare la sua unicità, i suoi desideri, …la sua volontà.

L’essere bambini significa anche fare i conti con l’ingenuità disarmante e con la vulnerabilità…… Ed è proprio di fronte a queste peculiarità che possiamo diventare luogo e strumento di salvezza per l’altro oppure carnefici che si impossessano del fanciullo fino a devastargli l’anima. E molteplici sono le forme delle violenze che si esercitano….

Il bambino vuole essere accolto, attende il dono…attende amore! Quel bambino innocente che vede ogni altro come se stesso…

E’ dei bambini il Regno dei cieli. Ce lo ricorda Gesù di Nazareth nel monito: “se non diventerete come bambini….”.

La storia recente ha mostrato ancora tante, forse troppe, facce di Erode. E forse capita anche al mondo degli adulti essere Erode per se stessi, uccidendo quella parte innocente e bisognosa dell’altro che è dentro, nel profondo di ciascuno di noi…

Diventare bambini diventa una possibilità preziosa per “salvarci” dalla perdita di noi stessi… Appendiamo la calza e attendiamo il dono….

Saper sognare, sperare, desiderare…attendere il dono… che con sé porta felicità…perché espressione della presenza di qualcuno che ci pensa e che ci ama… è quanto ci auguriamo.

Buon 2016!

Luminarie solidali in via Pretoria...i commercianti attendono la calza dalla Regione

Tappeto di luci, luminarie, Albero di Natale e casette natalizie. Il centro storico di Potenza è riuscito ad addobbarsi per contribuire a promuovere in piccoli e grandi lo spirito natalizio. Stiamo attraversando una stagione per niente facile, per molte famiglie e per tanti disoccupati è forse il caso di dire che questo Natale assomiglia più a quello della piccola fiammiferaia….ma che mai accada lo stesso finale!!

Eppure non si può rinunciare a quel clima di festa, di gioia e di pace che scaturiscono da quel profondo senso religioso del mistero di un Dio che si fa uomo…è il Natale! Un senso di festa favorito e alimentato dagli addobbi, dalle luci e dalle musiche…dagli sguardi incantati dei bambini davanti al Presepe e alla casetta di Babbo Natale….. ma le casse comunali piangono e allora a fare i paladini dello spirito natalizio sono stati i commercianti insieme alla Pro-loco del centro storico che, pur a fatica, si sono organizzati per vestire a festa il Centro. A sostenerli anche la Camera di Commercio e qualche sponsor, mentre il Comune ha provveduto alle “casette” in piazza Mario Pagano. Non solo con gli addobbi, i commercianti si sono coalizzati anche nel rendere via Pretoria più accogliente attraverso l’apertura anticipata dei negozi, alle ore 16….e permettere così l’utilizzo delle scale mobili negli orari di apertura.

E’ il Natale 2015 della solidarietà e semplicità e della partecipazione di tutti. Infatti a ravvivare il Centro e il capoluogo potentino saranno proprio i cittadini. Grande partecipazione dell’associazionismo e degli istituti scolastici per concerti, musical, teatro, presepi, mostre fotografiche e di pittura, presentazione di libri…. Insomma una vitalità che parte dal basso… proprio nello spirito del Natale….con gioia e gratuità. Due valori questi che testimoniano e richiamano il vero spirito natalizio….

Ma all’appello manca il sostegno che i commercianti chiedono alle istituzioni rispetto alle nuove normative sulle attività commerciali, normative nazionali che mettono in ginocchio chi vuole rilevare un’attività o aprirne una nuova e che si potrebbero invece regolamentare diversamente per il territorio lucano (così come sta avvenendo in altre regioni)…..Ora passeggiando per via Pretoria appaiono, alternandosi da entrambi i lati, spazi vuoti, fatiscenti, negozi fantasmi che neanche le luci natalizie riescono a camuffare quel senso di vuoto e di abbandono…..

Ma non si può trascurare o abbandonare il centro storico, è il cuore pulsante di una comunità….racchiude in sé la tradizione e la storia delle origini di un popolo… Lo sanno bene i cittadini più attivi e volenterosi, e tra questi i commercianti, che cercano sempre nuove forme e/o opportunità per tenerlo vivo. Ora si augurano solo di trovare nella calza della Befana la tanto attesa revisione della normativa….

LA SATIRA DI BOCHICCHIO PER PARLARE DI AMORI VIOLENTI

 E’ terminata nelle scorse settimane la campagna di Amnesty “Mai più spose bambine”. Una forma di non amore o di “possesso violento” –come è descritto nella satira di Mario Bochicchio. Una vignetta che presenta l’iniziativa di sabato 21 pv al Ridotto del Teatro Stabile del capoluogo a cura del Centro studi Erasmo da Rotterdam (sezione lucana) su “Gli amori violenti”, come nel titolo del libro di Mirella Baldassarre. L’autrice sarà presente all’incontro per parlare appunto di quegli amori che si trasformano in un “bisogno incontenibile che spinge a impadronirsi dell’altro, a invaderne i pensieri, a volerli controllare, possedere. Massacrate nel corpo e nella mente – scrive l’autrice – molte donne perdono la vita, semplicemente perché si ribellano alla prigione in cui è stata trasformata la loro vita”.

La serata si concluderà con la poesia di Salvatore Accardo e ampio spazio sarà dato anche alle vignette satiriche di Mario Bochicchio, compagno di avventura del Centro Erasmo da diversi anni.

La vignetta di Bochicchio nasce dalla sintesi di quello sguardo che vede con l’occhio dell’intelligenza e del cuore. Un “metodo” a lui congeniale. Schietto, immediato, ma allo stesso tempo rispettoso, discreto osservatore pronto a cogliere con arguzia le sfumature di ogni particolare notizia. La sua matita colorata scorre fluida sul bianco foglio di carta ritraendo fedelmente i protagonisti del momento, riportandoli nella loro dimensione più autentica e veritiera. La sua è una satira pensata, meditata, studiata.

La satira di Bochicchio suscita nell’immediato ilarità ma aiuta soprattutto a “pensare”. L’artista con le sue vignette apre alla riflessione sulla notizia. Fa, in senso più ampio del termine “politica”. Con la sua satira elegante Mario accende i riflettori su quegli aspetti apparentemente più marginali, o subdoli e nascosti ai più. A volte è anche pungente ma lo fa in modo così “garbato” e nel rispetto della veridicità dei fatti. La satira riporta le cose nella loro giusta dimensione, facendole scendere da un illusorio piedistallo, mettendo a nudo e chiamando le cose con il loro nome. Non è forse questa la sua natura?!

                                                                                                  

 

 

La Pretoria spegne 2 candeline

Due anni di attività per il giornale on-line La Pretoria. Sulle due candeline soffia la redazione e lo fa con una cena (organizzata con NaturHouse) domani sera, venerdì 6, al ristorante in via 4 Novembre "Fuori Le Mura". L'iniziativa de La Pretoria è stata pensata per dare voce e spazio a chiunque ha qualcosa da dire, da comunicare e da testimoniare: arte, cultura, politica, scuola, società, sport… un fermento di varietà che ha come suo filo conduttore il rispetto per i fatti, le opinioni, le storie di ognuno, e in primis il rispetto dell’alterità, a partire da quella femminile e maschile. Anche la scelta di utilizzare il femminile di chi riveste il ruolo di coordinamento - “Direttora” - vuol essere da un lato una provocazione a una cultura ancora fortemente fallocentrica e dall’altro vuole contribuire a creare, a partire dalla lingua (così come è stato riconosciuto negli ultimi anni il femminile della professione sindaca e professora) un pensare orientato alla differenza di genere.

Per La Pretoria non si tratta solo di riportare dei fatti e/o degli eventi, ma di scovare anche quelle notizie, quei volti che intendono comunicare un vivere “sano” da cittadini consapevoli e protagonisti del  proprio territorio; un luogo per la riflessione, la condivisione di idee e per la critica costruttiva .

La scelta editoriale è quella di prediligere ciò che contribuisce alla crescita culturale, al pensare sui fatti, e a promuovere e valorizzare quelle iniziative a volte ritenute “non importanti” agli occhi dei più.

Durante questi due anni (nel mio caso uno) la redazione ha coltivato e fatto maturare questo sogno. Un’attività sempre in progress e con l’intento di crescere…. E’ un piccolo laboratorio vissuto nella gratuità e con umiltà (da chi scrive a chi cura il sito e i contatti). La Pretoria è un piccolo “occhio” che si affaccia sulla grande e complessa realtà a partire da quella locale.

Un grazie la redazione lo rivolge a coloro che quotidianamente visitano il sito e anche a quei commercianti del capoluogo che, con i loro sponsor, ne sostengono l’apertura.

LA CULOTTE DELLA DISCORDIA ALLA FIAT DI MELFI: UN'ALTERITA' NON RICONOSCIUTA

Ma era proprio necessario che le donne operaie alla Fiat di Melfi facessero “notare” in prima battuta (e poi con una raccolta di 400 firme) che forse il colore delle tute bianco/grigio scelto da parte dell’Azienda non è adatto alla loro attività di lavoro, dovendo fare i conti con la realtà del corpo femminile e di quella sua propria specificità espressa in alcuni giorni del mese.

Questo ci dice, ahimé, ancora una volta, che è un mondo governato da uomini e pensato per uomini. A conferma di ciò la risposta aziendale che ha suscitato indignazione da parte delle stesse, nonché dei sindacati, e cioè “l’arrivo di una culotte da indossare sotto la tuta”. Indignazione condivisa dalla consigliera regionale effettiva di parità, Maria Anna Fanelli che ha inviato alla Dirigenza FCA di Melfi una nota di sostegno alla richiesta delle operaie: “Si tratta – si legge – di una risposta gravemente offensiva e lesiva delle esigenze del corpo delle donne”, pertanto la stessa invita al “ritorno alle tute blu o almeno solo al pantalone scuro”. Inoltre nella nota si sottolinea, sempre riferendosi alle donne, anche “un’organizzazione del lavoro poco integrata con l’esigenza di cura della famiglia” come pure i tempi troppo ristretti per le pause. Anche Angela Blasi, presidente Crpo Basilicata e Giovanna Martelli, onorevole con delega Pari opportunità governo, in un comunicato esprimono la loro vicinanza alle operaie: "La richiesta delle donne lavoratrici non può essere ridicolizzata ne tanto meno ignorata".

A quanto pare c’è ancora tanto ma tanto da fare per debellare una cultura fallocentrica in tutti gli ambiti della vita sociale. Evidentemente non abbiamo bene inteso che quando si parla di “parità” tra uomo e donna non vuol dire fare le stesse cose negli stessi modi o che la donna debba scimmiottare l’uomo, bensì ci riferiamo alla “pari dignità” nella diversità. Vuol dire rispettare l’alterità. Vuol dire fare i conti con la differenza tra uomo e donna, a partire appunto dalla corporeità, e che l’uno non è superiore o migliore dell’altra e viceversa, e peggio ancora che l’una non è inferiore all’altro. Vuol dire che la società non è composta da “uno” – un solo modello, e cioè quello maschile – bensì la realtà è duale. La società è composta dal maschile e dal femminile, è “due”. Solo a partire da ciò è possibile fare scelte che tengono conto appunto della diversità.

Un processo culturale che indubbiamente deve cominciare fin dalla tenera età e che deve vedere, in ogni ambito, la duplice presenza a rappresentanza della realtà che è appunto duale. Un duplice modo di essere e di vedere le cose e di agire di conseguenza.

Forse, e dico forse, questa dualità è mancata nel decidere il colore delle tute per gli operai e operaie della Fiat come pure, e dico sempre forse, è mancata la dualità nel dare, come risposta e soluzione la culotte.

Papa Francesco: Rimettere al centro la persona

“La grandezza di un popolo, di una nazione; la grandezza di una persona si basa sempre su come serve la fragilità dei suoi fratelli”. Ha fatto il giro del mondo questo monito di papa Francesco durante il viaggio a Cuba. “Chi vuole essere grande, serva gli altri, e non si serva degli altri”. Papa Francesco rimette al centro della natura delle istituzioni e dei singoli la persona, la sua dignità e la sua sacralità. Ci ricorda che non vanno servite le ideologie bensì le persone nella loro concretezza, nella loro fragilità. Quando si diventa schiavi di una ideologia credendosi detentori di una verità assolutizzandola non solo si dimentica il rispetto per la persona quale essere unico, originale, irripetibile e irriducibile, ma addirittura si arriva a schiacciarla e a distruggerla. La storia con i suoi “ismi” ce lo ricorda.

Si è grandi dunque nel servire gli altri, altrimenti, quando ci si serve degli altri, viene fuori tutta la meschinità e la pochezza di ciò che si é. E questo principio vale sia per chi governa nelle istituzioni sia per i singoli nei rapporti interpersonali.

La semplicità e la chiarezza di Papa Francesco con cui si rivolge ai cristiani è disarmante: “essere cristiano comporta servire la dignità dei fratelli, lottare per la dignità dei fratelli e vivere per la dignità dei fratelli”. Dobbiamo recuperare quel senso della giustizia che si coniuga con il rispetto dell’altro. Una giustizia che non può fare a meno dell’amore: “Avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo. Sono i volti sofferenti, indifesi e afflitti che Gesù propone di guardare e invita concretamente ad amare. Amore che si concretizza in azioni e decisioni. Amore che si manifesta nei differenti compiti che come cittadini siamo chiamati a svolgere”.

Rispetto alle grandi questioni, come quelle economiche, Papa Francesco ha ribadito, al suo arrivo negli Stati Uniti di non aver detto nulla di più rispetto all’insegnamento della Dottrina della Chiesa.

Dottrina che ha come fondamento il comandamento dell’amore: “amare Dio sopra tutte le cose e amare il prossimo come te stesso”, insieme al altri quattro fondamenti: la dignità della persona umana; il bene comune; la sussidiarietà e la solidarietà. E’ chiaro che la dottrina della Chiesa non propone un sistema nuovo rispetto all’economia e alla politica, ma risponde alla domanda: “Come devo amare Dio e il prossimo nel mio contesto politico, sociale ed economico?”. Dunque nessuna separazione dell’economia e della politica dalla morale.

La sfida che Papa Francesco rivolge – in primis ai cristiani – è quella di cercare sempre, e di trovare (e a non rassegnarsi mai davanti a strutture esistenti), soluzioni degne dell’uomo non dimenticando mai che la sua vocazione ultima e più profonda è l’amore!

 

 

BUON ANNO SCOLATICO...CARICO DI MOTIVAZIONE E SENSO

Dobbiamo partire credo da questa domanda: Che significato ha per me studiare, venire a scuola…. insegnare… fare questa o quest’altra cosa e così via. “Il senso lo troviamo – afferma Kretschmer – quando capiamo a che serve qualcosa, per che cosa è buono”. Frankl diceva che il senso è primariamente motivazionale: la ricerca di un senso è la motivazione primaria in assoluto.

Non sta avvenendo forse tra i nostri giovani una diminuzione o perdita di motivazioni. Questo spiegherebbe l’aumento dell’abbandono degli studi (dispersione scolastica). Ma anche nel campo degli adulti non sono pochi i malesseri che si vanno registrando a causa di “frustrazioni” per un riconoscimento non proporzionale all’impegno richiesto e della “complessità” del mondo scuola.

Dobbiamo trovare dunque un senso a quello che facciamo, un senso nel “dove” ci troviamo. E non si arriva mai a una conoscenza-realizzazione piena perché l’uomo è in continua ricerca. Il senso non è mai dato definitivamente come pure non esiste un pacchetto preconfezionato uguale per tutti. Il senso è legato al singolo individuo, il senso è personale è dinamico. Ad ogni circostanza della vita muta il mio “trovare” un senso, dare cioè significato a ciò che accade o avviene o scelgo di fare. Per ristringere il campo alla scuola dico che la nostra esistenza (in un aspetto del suo molteplice), “ce la giochiamo” qui, nell’ambito lavorativo in cui ci troviamo, in questo Istituto scolastico e non in un altro, con questi colleghi o docenti e non altri, con questo Dirigente e così via. Per l’alunno e per l’insegnante la scuola è il luogo dove costruire-realizzare il senso e la propria felicità. I pedagoghi Ballauf e Schaller ci insegnano che “nel lavoro si decide la felicità o il fallimento dell’uomo. Nel lavoro l’uomo può realizzarsi rappresentativamente, ma può anche non trovarsi”.

Cala il picco della motivazione quando non riusciamo a trovare un senso anche o forse soprattutto nelle difficoltà. Se il clima diventa esasperante perché in classe i compagni non mi accettano o perché l’insegnante non comprende il mio disagio o la mia difficoltà nell’applicarmi, o esasperante per un docente o dirigente perché tra i colleghi si crea astio dovuto a piccole gelosie o invidie professionali, è chiaro che la persona è chiamata a “ri-significare” quella sua presenza in quel luogo per meglio affrontare e superare le difficoltà che contribuiscono a renderlo “infelice”. Trovare il senso diventa dunque “vitale” per la propria sopravvivenza ed equilibrio. In questo caso il suggerimento (per gli adulti) è quello di mettere in atto meccanismi di analisi, di confronto e dialogo e di comprensione della complessità delle relazioni e del vivere insieme. Il confronto è il farmaco ideale in questo processo di ri-motivazione. E se questo per un adulto non è scontato o automatico ed è un processo che richiede un grande sforzo (non si spiegherebbero altrimenti le varie nevrosi o iniziative promesse per il sostegno agli insegnanti), ancora più problematico lo è per un adolescente, il “protagonista” principale della scuola, che deve essere guidato, accompagnato e sostenuto. L’alunno è la persona in crescita, bisognosa di una formazione integrale, ha bisogno di essere orientato e non scoraggiato o “tormentato” da modelli educativi-didattici lontani da nuove strutture antropologiche (modelli già in atto in alcuni paesi europei come pure in alcune scuole italiane).

Dovremmo ripensare a un umanesimo integrale che tenga conto della persona nella sua totalità. Spesso si dimentica che chi varca la soglia della scuola (e questo vale per ogni ambiente lavorativo) prima ancora di essere un alunno, un docente, un dirigente o altri è innanzitutto una persona con un proprio carattere, con una propria sensibilità e vulnerabilità, con un proprio background. Ognuno di noi porta con sé una propria storia e vissuto personale fatti di sogni, desideri, di aspettative, di problemi, di disagi, di creatività, come pure di interrogativi, di sofferenze o incomprensioni, etc. etc. Non possiamo lasciare fuori dal portone la nostra “autentica realtà”, non possiamo indossare una maschera o essere dei robot, sicuramente questo non deve condizionare la nostra imparzialità ed equilibrio, ma l’educazione passa attraverso la realtà autentica e non artificiosa. Il nostro modello resta sempre quello socratico, il carisma dell’insegnante è quello di “educere” secondo l’arte maieutica. E il giovane in crescita deve sentirsi al centro di questo dinamismo educativo acquisendo così sicurezza e stima di sé. Al senso infatti è strettamente legato il pensiero del valore e della stima di sé. E solo in questa dinamica la persona agisce in maniera responsabile nei confronti propri e della comunità, così come insegna Frankl.

Se riuscissimo a rispettare l’altro stimandolo e riconoscendogli l’unicità e favorendo lo sviluppo delle sue potenzialità avremmo ambienti sereni e produttivi poiché tutti –dal più piccolo al più grande- avremmo trovato motivazione e senso e dunque responsabilità verso se stessi (il dovere dello studio e della professionalità) e gli altri (relazioni costruttive e non distruttive). Insieme per una comunità scolastica “sana” e non “malata”.

L'UOMO IN CONFLITTO NELL'ARTE DI ANDREA GIORGI

Il bene e il male: un’eterno conflitto che alberga nell’animo umano. L’artista Andrea Giorgi coglie l’uomo nella sua nudità, nella sua essenza… in una continua lotta. E’ quanto emerge dalla contemplazione dei suoi lavori. L’occhio dell’artista, attraverso le sue opere, ci induce a riflettere sulle domanda di senso che ognuno si pone: Chi sono? Perché questa vita? Perché accade ciò che non vogliamo? Perché la realizzazione del bene è offuscata dalla presenza del male? Come essere felici? Cos’è che ci tormenta? Forse il male è dato dallo smarrimento dell’uomo nell’esteriorità…di qui l’anelito e l’urgenza a prendere coscienza di questo malessere per fare così ritorno a se stessi…per riappropriarsi di senso e significato…di bene e di felicità.

Andrea Giorgi nasce ad Ancona il 9 agosto 1974 (www.andreagiorgi.info). Interessato all’architettura, al design ed alla grafica digitale. “Lo strumento tecnologico è foglio da schizzo e penna – scrive di lui Laura Coppa-, tavolozza di sintetici colori, il pennello e la tela con cui Andrea Giorgi concretizza la sua altra realtà: l’alterrealtà (…) Nell’epoca del microchip, nel secolo della velocità, lo strumento tecnologico diventa protesi extraorganica indispensabile. Nessuno stupore è più provocato dall’iper-realismo, nessuno sconvolgimento è generato dalla scoperta che, anche l’arte, faccia uso dell’elettronica ”.

Aldilà di ogni tecnica Andrea Giorgi ci spinge a riflettere su noi stessi, a rientrare nella nostra intimità più profonda, a toccare quasi con mano il nostro animo.

Nel testo critico di Simona Clementoni si legge: “Nella dimensione infinita della mente, contrassegnata da opposizioni binarie che esplicitano la divisione manichea di bene e male insita nella natura umana e nell’universo, individui dai corpi scultorei, esteticamente perfetti, rappresentano il dramma delle passioni: la malinconia, la tristezza, il dolore, la morte e l’eterno tormento, l’Amore in tutte le sue sfaccettature: l’amore gioioso, l’amore conflittuale, l’amore dannato, l’amore perduto. Privi di tratti fisiognomici e di capelli, nudi ed impassibili nell’assenza totale di espressioni facciali, universalizzati nella loro completa spoliazione di tratti identificativi, questi esseri enigmatici comunicano solo con le pose e gli atteggiamenti del corpo, riuscendo a veicolare la forza del loro universo interiore tanto più efficacemente quanto più sono svincolati dal fallace mondo delle apparenze. Nel racconto artistico di Andrea Giorgi, donne e uomini soli e fragili si contrappongono ad altri forti e dominanti; esseri angelici si scontrano con creature demoniache in un duello che non coinvolge solo il micro, ma anche il macrocosmo”.

Il giovane artista espone dal 2008 in Italia ed all’estero. Questo mese di Agosto (dal 3 al 24) è sbarcato per la prima volta a Zara presso la sede della comunità italiana dove sono in Mostra 18 grafiche digitali dal titolo “Eternity”.

Apprezzate e stimate le sue opere fanno parte di importanti collezioni d’arte private, ricordiamo tra tutte la Ferrero, che ha acquistato la sua opera “my little strange world” vincitrice del concorso internazionale “Kinder cerca arte”.

 

Tutti con Poseidone per salvare il mar Jonio

Ansia e malumore per la terra di Basilicata. Rivolte e proteste contro “la caccia” al petrolio insieme alle vicine Calabria e Puglia.  Istituzioni e associazioni ambientaliste a manifestare e a discutere (poco) su quanto è in atto, su quello che andava fatto o non fatto e su quanto non deve avvenire per tutelare il mare, il patrimonio ambientale e l’economia. E’ la protesta di questi giorni contro la trivellazione del Mar Jonio per cercare (ed estrarre) il petrolio. Petrolio che a detta di Legambiente, andrebbe a coprire il fabbisogno nazionale solo per circa un anno (sottosuolo e fondali marini) –si veda l’editoriale del 7 novembre 2014 (http://www.lapretoria.it/editoriale/item/1759-prima-del-petrolio-la-liberta-di-scelta).

Si annuncia un braccio di ferro tra regioni (o popolo) e governo. Vorremmo poter dire: non toccate il mare per non risvegliare l’ira di Pòseidon. Potrebbe risalire dalle profondità col suo tridente sul suo carro trainato da focosi cavalli e senza pietà innalzare le onde contro gli invasori e inghiottirli crudelmente….

Ma la natura è stata dissacrata dall’uomo attraverso il dominio della tecnica. L’ha sottomessa, l’ha manipolata, l’ha distrutta…. L’uomo contemporaneo non teme più la natura –si veda l’editoriale del 27 febbraio 2015 (http://www.lapretoria.it/editoriale/item/2175-pecore-o-petrolio-la-tecnica-se-la-ride).  

L’uomo non ha più paura, non teme il mare e il suo dio, e allo stesso tempo ha perso anche il senso dell’incanto e della meraviglia davanti al suo fascino. Non sa più godere della sua bellezza e del suo splendore. La natura è diventata un mero mezzo e strumento da usare per propri interessi e scopi. L’occhio dell’uomo tecnologico non ricorda e non vede più la nascita di Afrodite, la potenza dell’amore e della sessualità… della vita. Ma basta questo a far sì che egli compia la sua onnipotenza sulla natura tutta? Basta la sua confessione di fede nella tecnica a condurlo alla serenità economica o alla felicità?

Oh amara illusione! Anche per l’uomo le cose non sono facili….ormai risucchiato dalla tecnica. E’ diventato egli stesso suo schiavo e non si accorge che il dio del mare salirà indossando le vesti della distruzione attraverso gli effetti collaterali che l’inquinamento continua a causare. Farà tremare la terra. Entrerà sulle tavole lentamente e piano piano nell’aria, nell’acqua, nei profumi….Allora l’uomo invocherà la tecnica per salvarsi ma si ritroverà impotente…. Invocherà Venere, la vita e la sua bellezza ma il suo grido non giungerà...

Per questo diciamo grazie a tutti i manifestanti, ai politici a servizio del bene comune, diciamo grazie al mondo dell’associazionismo, diciamo grazie a tutti coloro che combattono in prima linea e lo fanno anche per i più distratti, per i figli che verranno, per i semi che germoglieranno, per le piante che nasceranno, per gli uccelli che voleranno….  per la vita che continuerà!

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